Stare bene a Milano. Da Ciz, cantina e cucina
di Graziano NaniSe siete a Milano e volete stare bene andate da Ciz. ‘Stare bene’ vuol dire tante cose. Ad esempio andare al bancone con l’idea di fare un aperitivo di mezz’ora, e uscire dal locale alle due di notte. Grande classico da Vincenzo Gautieri, detto Ciz. Di solito nei posti arrivi, ti ambienti, ordini un bicchiere, e poi con il vino e la musica entri pian piano nell’atmosfera. Qui è diverso perché sei subito a casa. Nemmeno il tempo di aprire la porta e lui è già lì, con il suo bel sorriso e la battuta sempre pronta. L’oste mentre è con te è anche da tutti gli altri ospiti perché ha il dono dell’ubiquità: non si sa come, ma riesce sempre a dedicare tempo a tutti. Con qualcuno ride, a qualcuno racconta una bottiglia, ad altri porta i piatti, contemporaneamente sta versando un orange e affettando del prosciutto pregiato con ipnotica maestria. Ok conoscere i nomi dei produttori a memoria, benissimo saper raccontare le diverse zone del mondo, ma la verità è che spesso quello che manca nelle enoteche è un oste che sappia tenere la sala. La giusta accoglienza, né fredda, né soffocante. I tempi corretti, senza attese, non troppo incalzanti. Gli spazi tra una portata e l’altra, la gestione del personale, del bancone, della cucina. C’è poco da fare, per far stare bene le persone la macchina organizzativa deve girare al meglio.
Ciz ha qualcosa da dare a tutti, in ogni senso. Umanamente, e dal punto di vista della carta. Oltre 1.500 bottiglie, una cantina sterminata dove ce n’è davvero per tutti. Dal bianco aromatico semplice da bere senza pensare troppo ai macerati più ostici, dai rossi carnosi e potenti a quelli più contemporanei e succosi come spremute di frutta. Il tratto distintivo sono i produttori, sempre di alto livello. Come quella volta che mi ha fatto scoprire Cantina Margò di Carlo Tabarrini e il suo Regio Bianco, un trebbiano pazzesco del 2017 unico per ampiezza, squisitezza e masticabilità. Oppure quella serata in cui mi ha dischiuso davanti agli occhi tutta la forza espressiva del rosato Plenus firmato Marina Paluci. Annata 2016, uva montepulciano, equilibrio millimetrico tra una freschezza guizzante e una ricchezza gonfia di sapidità. O ancora la ribolla del 2012 di Klinec, di cui non posso dimenticare la profondità infinita. Che buoni i vini che bevo da Ciz, ogni volta che lo vado a trovare so che quando inizia a ravanare nel frigo tirerà fuori una chicca che mi renderà felice.
Poi ci sono i piatti. Non una piccola gastronomia da enoteca, ma una vera cucina con una selezione di proposte firmate dallo chef Andrea Sconfienza. Siamo nell’area del godimento genuino, lo spettro va da un livello comfort food allo sdivanamento gustativo più totale. Piatti semplici e gratificanti. Succulenti come lo spaghettone cacio pepe e menta, o rassicuranti come il “polpo del naviglio” alla griglia con purè di ceci. Vi svelo un grande segreto: lo chef è un esperto di piatti milanesi. Non sempre sono in carta, ma provate a chiedere per tempo il risotto con l’osso buco o la costoletta alla milanese. Poi mi ringrazierete.
Anche la zona merita. Ciz sta proprio alle spalle del cosiddetto “quadrilatero del silenzio”, il salotto liberty di Milano. Meno conosciuta di altri quartieri come Isola, molto meno battuta dei Navigli o di Corso Como, e proprio per questo adatta a una passeggiata postprandiale, magari per smaltire i ravioli con fonduta o il vitello tonnato. Palazzi bellissimi, atri e ingressi da togliere il fiato, la Milano che non tutti conoscono e per questo ancora più bella da esplorare. Durante la bella stagione si può stare fuori ai tavolini a guardare il tram pieno di gente che va verso Porta Venezia a riempire le decine di locali che si snodano uno dopo l’altro. Molti sono accoglienti, in alcuni si mangia bene, altri hanno buone bottiglie, ma quasi nessuno sa orchestrare davvero tutti gli elementi. La scienza complessa del far stare bene le persone, quell’arte che pochissimi conoscono bene come Ciz.
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