REWine 2024 | Carema nel cuore, erbaluce libero (e la lingua del picchio)

REWine 2024 | Carema nel cuore, erbaluce libero (e la lingua del picchio)

di Marco Colabraro

REWine è un evento organizzato dai Giovani Vignaioli Canavesani (GVC): banchi di degustazioni, masterclass ma anche cene ed eventi di divertimento e condivisione per descrivere e comunicare un territorio a molti sconosciuto ma di “certo potenziale e interesse”. Fa sorridere, si dice sempre così dei luoghi del vino meno noti, ma gli assaggi di questi giorni mi portano a crederci. Non vuoi andare anche quest’anno?

Tornato a casa risuona in me una domanda: come è fatta la lingua del picchio?
Questo uccellino che trascorre le sue giornate a sbattere la testa contro i tronchi degli alberi senza sosta per procurarsi il cibo.

Io i giovani vignaioli li vedo così: tanti fan dell’heavy metal durante un concerto a picchiar capocciate verso lo spazio invisibile davanti a loro. Svariate volte al giorno, tutti i giorni. Finché, come succede al picchio, un piccolo spiraglio si apre nel legno e scatta la lingua a godere nel nettare. Di quel che i più credevano impossibile e il picchio con ostinazione ottiene.

Mai come nei giorni del REWine ho sentito nei GVC il desiderio e la necessità di aprire uno squarcio sul Canavese perché l’Italia, il mondo, guardi al loro territorio e possa apprezzarlo come merita.

cAREMACOPERTINA

Se è vero che per comprendere e raccontare un vino il solo assaggio non basta, qui ho ascoltato storie, visto luoghi, terreni e vigneti e… conosciuto i vignaioli, scoperto i loro nomi.

Entusiasmo ed energia, desiderio di migliorarsi, ecco quello che ho avvertito negli incontri, perché va bene degustare, prendersi il tempo per capire i vini ma… è bene anche accendere un confronto per capire quel che sta succedendo, dove il territorio vuole andare.
I ragazzi sono coesi, non si nascondono, si aiutano, si confrontano (esiste una chat dei GVC, che vorrei tanto leggere, fatta di consigli, di prese in giro e risate). A volte mi appaiono troppo umili, educati, gentili, e ho paura che qualcuno approfitti di loro e faccia della loro passiona una bandiera da commercializzare.

Altre volte li vedo compiaciuti, noto prezzi di bottiglie esagerati, temo dunque la presunzione e l’elitarismo. Ma chi sono io per giudicare? Ognuno faccia quello che gli pare, ma non tradisca lo spirito vivo che ora li accende.

Rispetto agli assaggi dello scorso anno il livello complessivo è sempre più alto, ci sono grandi bottiglie, certo non tutto è emozionante. Ma esiste una denominazione fatta di sole eccellenze? Non direi. Se alcuni vini incarnano ribellione verso quel che è stato e filosofie personalissime (con tutto il rischio e i limiti che spesso questo comporta), in alcuni assaggi avverto la paura di sbagliare, il timore di tradire una tecnica imparata.

Quello che risulta evidente è che ognuno ha il suo credo, ma il fil rouge è il desiderio che parlino uva, annate e suoli.

festa

Passiamo ora alle degustazioni e cominciamo da Carema, territorio da me sempre amato (e che davvero può diventare un volano), risultato del disgelo di un grande ghiacciaio che ha creato una valle unica nel suo genere, dove un vento costante asciuga gli acini e dove l’escursione termica è importante.

Dai 300 ai 500 metri, tra pergole in legno di castagno sostenute perlopiù dagli storici pilun di pietra, sui 22 ettari frammentati in terrazzamenti che decorano la montagna crescono quel nebbiolo qui chiamato picotendro, i neretti e le loro spezie inconfondibili.

CAREMADEGU

Ho assaggiato l’eleganza e la profondità nel Carema Riserva di Tognana 2020, dove il petalo di rosa macerato si mischia con scorza di arancia, erbe selvatiche e spezia, la classicità a un prezzo eccellente dell’Etichetta nera dei Produttori di Carema (dove l’annata 2020 ancora risente del legno e ha bisogno di bottiglia, la 2019 invece è perfettamente a fuoco), l’integralismo dai risultati sorprendenti del Rosso Toppia di Figliej (prodotto a Settimo Vittone) che si tramutano in bevute elegantissime e profonde dove ancora si mischiano erbe aromatiche, arance rosse e petali di rosa (ancora acerba la 2021, in gran forma l’annata 2020, straordinaria la 2018).

In Monte Maletto c’è uno sguardo visionario che nel Carema Sole e Roccia sa armonizzare classicità e presente mantenendosi fedele alla terra e alle annate (sfortunata la 2021, compiutissima la 2020, grandi aspettative per la 2022), le spezie intense e sfaccettate, il timo, la lavanda e le lunghezze del Carema Sorpasso 2020 (che lavora il picotendro con neretti e ner d’ala per un vino che sulle prime seduce, poi diventa scostante, infine ti accoglie generoso), la finezza del Muraje Carema Sumié 2020 che prende vita da un sorso liquido, solo all’apparenza più magro dei precedenti ma di una lunghezza che conquista.

Se penso ai nebbioli assaggiati posso parlare di belle conferme e nuove scoperte, tutte all’insegna di sale e spezia. Il Broglina di Kalamass 2020, una volta smaltito l’attacco che ancora risente un poco del legno, ammalia per profumi di fiori (su tutti una violetta indimenticabile), in bocca è raffinato, la lingua batte più volte sulle labbra alla ricerca del sale e il Canavese Nebbiolo 2021 di Cantina 366 si conferma una bella bevuta dove regna la rosa canina, su balsamico e spezia, e il frutto pieno si esalta sorretto da una buona sapidità.

L’Ostile di Daniele Giacone 2021 (dai terrazzamenti in contrada Cesnola di Settimo Vittone) è invece un nebbiolo vibrante, snello, speziato e sapido dove il tannino è più presente che altrove ma si armonizza al tutto (se vi capita assaggiate l’annata 18: superba!), menzioni anche per il dinamico Canavese Nebbiolo di Fontecuore 2020 e il più potente Alberand Rubiolo 202o. Impossibile poi non parlare di un nuovo arrivato: il Turris 2021 di NTwines, che fa di piccantezza e spezie le sue note dominanti in una concezione del vino molto contemporanea dove domina la verticalità ma non a scapito del frutto. Una bella conferma il Clara 2021 di Decimofilare e di gran gusto e qualità la 2022 di Altaluce. Per confermare quanto fermento ci sia, esce quest’anno sul mercato anche il Canavese Nebbiolo della Cantina Eporedia, ancora un poco sbilanciato sul tannino ma che negli anni di certo si farà.

erbaluce

Quanto all’erbaluce c’è un’ascesa della qualità che sorprende, l’alcol è meglio dosato rispetto agli assaggi degli anni precedenti e anche i nasi hanno un’altra profondità. Esiste una buona coerenza tra gli assaggi anche se ancora noto una certa ritrosia a scatenare l’erbaluce in tutta la sua potenzialità. Tra acciaio e legno ci sono bevute ben centrate, profonde e che negli anni riveleranno stoffa. Su tutte il Caluso Kalamass 2021, frutto di pensiero chiaro che ben armonizza naso e bocca, vino di roccia e sale con componente erbacea predominante e il Vecchie Tonneau 2021 di Monte Maletto che si prende gioco del legno con una nota in riduzione che aiuta l’equilibrio regalandoci una bocca piena dove si compie il famoso rombo: armonia pura. Puliti e performanti, anche se forse un poco in guardia, il San Martìn (la 2018 è una mina rara!) che ha un finale di bocca entusiasmante, il Mezzavilla di Terre Sparse, il Jyothi de l’Erm e l‘Erbaluce di Le Campore dove spicca la componente aromatica. Di gran gusto l’erbaluce in selezione da singola vigna 2021 di Fontecuore che scaldandosi rivela profondità e buon mix tra erbe, sale e amaricante. Conclude le degustazioni il d’ottobre Scelte di Vite di Cantina 366 da vendemmia tardiva, vino di certo carattere che si discosta un poco dai precedenti ma che testimonia come qui si continui a sperimentare.

bottiglie

Come è fatta la lingua del picchio?
Ci sono domande per le quali una risposta non è essenziale, nel Canavese ci si fanno anche quelle.

Tra la morena e i suoi ricordi di ghiacciai, dove tutto sembra immobile ma tutto è in divenire, nascono nuove cantine sotto alle chiese di Ivrea, i vigneti tornano a rubare terra al bosco, i giovani e i meno giovani riempiono le strade e le piazze, sulle colline e nei prati rimbombano i discorsi, si insozzano le mani, si riempiono le bocche.

È bene ricordarlo al mondo: dove c’è coesione e fermento qualcosa di buono verrà.

Qui molto di buono è già arrivato.

CAREMANELCUOR

 

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Marco Colabraro

Nato a Milano, sangue misto polenta e peperoncino. Di ritorno da un viaggio in Eritrea si iscrive all’Accademia d’Arte Drammatica e fa l’attore per un po’, poi fugge nella Parigi dei bistrot, a Roma corregge romanzi in qualche casa editrice e cambia lavoro ogni tre mesi circa. Torna a Milano, beve per amore dell'ebrezza e della conoscenza, il suo piatto preferito è la pastasciutta al pomodoro.

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