Quindi il caporalato nelle vigne di Langa esiste
di Alessandro MorichettiContestualmente al post di ieri in cui riprendevamo un’inchiesta svolta da Ottavia Spaggiari e pubblicata su Al Jazeera, è uscito quasi in contemporanea su Gazzetta d’Alba, vero e proprio oracolo locale dell’informazione di Langa, un articolo che non lascia nessuno spazio all’immaginazione: “Caporalato nelle vigne di Langa coinvolte 9 persone, sequestrati 11 veicoli, identificati 40 lavoratori“.
Da oggi, chi ha negato l’esistenza del caporalato tra le vigne di Barolo e Barbaresco deve ufficialmente ricredersi perché le parole scritte nero su bianco non ammettono interpretazioni: “Veniva così individuato un quadro diffuso di sfruttamento lavorativo ad Alba e nelle Langhe a forte vocazione vitivinicola, a danno di cittadini extracomunitari in stato di bisogno reclutati sulle piazze e prelevati con pulmini o autovetture da parte di datori di lavoro contoterzisti.”
Sono stati identificati ben 40 lavoratori vittime di sfruttamento (14 Gambia, 4 Senegal, 1 Ghana, 3 Macedonia, 3 Tunisia, 1 Pakistan, 1 Nigeria, 1 Guinea, 4 Egitto, 2 Albania, 3 Marocco, 1 Gabon, 2 Bangladesh) e per 30 di loro, ricorrendone le condizioni, è stato chiesto e ottenuto il nulla osta al rilascio del permesso di soggiorno per grave sfruttamento lavorativo e in parte sono stati presi in carico dal Sistema accoglienza integrazione in località italiane lontane da Alba, luogo dello sfruttamento, per l’inserimento lavorativo in diverse realtà imprenditoriali. Tra questi vi erano anche quelli che avevano trovato riparo in accampamenti di fortuna lungo il fiume Tanaro.
I Carabinieri hanno inoltre “eseguito una ordinanza di misura cautelare interdittiva del divieto temporaneo di esercitare l’attività professionale o imprenditoriale e il sequestro preventivo di 11 veicoli nei confronti di 9 persone (4 macedoni, 4 albanesi e 1 tunisino) resesi responsabili di caporalato e di aver occupato alle proprie dipendenze lavoratori non in regola con il soggiorno in Italia”, scrive Gazzetta in calce ad un video pubblicato su YouTube.
I molti articoli usciti sul tema proprio su Gazzetta d’Alba sono sicuramente stati un pungolo all’approfondimento per le indagini effettuate dalla Procura di Asti insieme ai Carabinieri del Nucleo ispettorato del lavoro di Cuneo e ai colleghi di Bolzano inquadrati nel Comando tutela del lavoro di Milano.
“L’ordinanza emessa dal Gip del Tribunale di Asti, su richiesta della Procura della Repubblica prevede anche il sequestro preventivo di 11 veicoli, furgoni e pulmini, usati dai caporali per trasportare i lavoratori.”
Gli inquirenti hanno individuato a carico dei 9 indagati, diverse condotte delittuose:
- reiterata corresponsione di retribuzioni palesemente difformi dai contratti di lavoro (6 euro all’ora) anche con trattenute alla fonte per il costo di trasporto;
- mancata osservanza della normativa relativa a orari di lavoro, permessi, ferie e riposo;
- mancato rispetto della normativa in materia di salute e sicurezza sui luoghi di lavoro;
- sottoposizione dei lavoratori a condizioni e metodi di lavoro degradanti (sorveglianza a vista e minaccia di non retribuzione in caso di minimo errore).L’attività investigativa è stata avviata nel mese di aprile 2023 dopo l’attività ispettiva condotta congiuntamente da Carabinieri, ispettori per il lavoro e mediatori culturali dell’Organizzazione internazionale per le migrazioni) nell’ambito del contrasto al caporalato e al lavoro irregolare in agricoltura. Veniva così individuato un quadro diffuso di sfruttamento lavorativo ad Alba e nelle Langhe a forte vocazione vitivinicola, a danno di cittadini extracomunitari in stato di bisogno reclutati sulle piazze e prelevati con pulmini o autovetture da parte di datori di lavoro contoterzisti.
Che quanto accaduto sia uno smacco per le Langhe – con innegabili ricadute in termini di immagine – e una offesa alla dignità umana, perdippiù in una terra così all’avanguardia e prosperosa dal punto di vista vitivinicolo, non serve nemmeno sottolinearlo. Una macchia anzitutto per i tanti produttori che giustamente prenderanno le distanze da pratiche figlie di superficialità, avidità e stupidità.
Il ricorso alle cooperative per i lavori in vigna ha delle criticità che non passeranno inosservate anche al più distratto dei produttori e da ora in poi garantire condizioni di lavoro dignitose dovrà diventare una prerogativa per tutti quelli che non vogliono girarsi dall’altra parte. A partire dalla nota stampa diffusa ieri dal Consorzio di Tutela Barolo Barbaresco Alba Langhe e Dogliani con il titolo “Non solo di promozione… il Consorzio si è occupato negli ultimi anni, ma anche di altri temi molto importanti come la gestione della manodopera nel vigneto”, dove vengono enumerati gli impegni concreti del Consorzio (white list delle cooperative virtuose, Accademia della vigna ecc…) ma in cui non sarebbe stonato un esplicito riferimento ai fatti accaduti e alle pratiche inumane che sono state documentate.
Come già accaduto in altri momenti della storia locale, non è difficile immaginare che le menti più illuminate del settore guideranno risalita e rinnovamento in termini di qualità del lavoro dopo aver toccato un punto così basso.
[Foto di copertina: Gazzetta d’Alba]
5 Commenti
MAURIZIO GILY
circa 8 mesi fa - LinkChiaramente i produttori si difendono dicendo che loro pagano le fatture alle cooperative (ammettendo che le fatture sempre ci siano) ma è chiaro che questo non è sufficiente. Ma poi ai bordi della legge c'è che fa cose strane, tipo assumere giovani laureati con mansioni di responsabilità con contratti da apprendista bracciante, vendendo nel contempo bottiglie con prezzi a tre cifre per bottiglia. Aggiungiamo che a parità di reddito pagano meno tasse di qualunque altro imprenditore e il quadro si fa ancora più chiaro. Ma poi leggi che i loro vini sarebbero "buoni, puliti e giusti" perché non usano il diserbo, e ti rendi conto di quanto spesso la realtà sia diversa da quella che sembra.
Rispondimarcow
circa 8 mesi fa - LinkCondivido il commento di Maurizio Gily. La notizia di Al Jazeera è stata commentata da diversi quotidiani, come dice l'articolo di Alessandro Morichetti. Ma ha avuto scarsa considerazione sui maggiori Wine Blog Italiani. E questo comportamento lo abbiamo visto anche in altre vicende "scomode" che venivano "silenziate" dai wine blog famosi italiani. Allora, il fenomeno esiste e l'unico modo per cercare di annullarlo e quello di silenziarlo, di non parlarne sui wine blog nazionali. Ma, attenzione, ed è ancora più grave, quella che non esiste in Italia (ormai da molti anni) è la sensibilità civile, la sensibilità etica, la sensibilità politica. Per cui alla stragrande maggioranza degli Italiani non interessa l'argomento: se ne fottono. Ma perché agli Italiani interessa, forse, quello che sta avvenendo a Gaza?
RispondiMattia Grazioli
circa 8 mesi fa - LinkQuando tento di argomentare che la terra si trova sempre sotto i nostri piedi, la risposta è, mediamente, una stupidata. I costi sono pazzeschi in tutta Italia. E possiamo fare vino migliore solo essendo persone migliori. La strada la vedo dura e lunga…
RispondiUnsommelierinLanga
circa 8 mesi fa - LinkIntanto grazie per l'articolo e per i commenti, tutti puntuali e per me condivisibili. Sarebbe bello poter iniziare anche a parlare di chi, ad esempio, lavora in cantina con mansioni di accoglienza e visite ed è assunto come operaio agricolo, al di là di titoli e competenze, con retribuzioni minime ma, soprattutto, diritti zero. Purtroppo è, davvero, un comparto pieno di sfruttamenti (territorio, ecc..) e sfruttati. Iniziamo quindi a parlare anche di questo? Grazie mille.
RispondiUn cittadino italiano
circa 4 mesi fa - LinkCredo che il tuo pensiero sia troppo insidioso, toccando una realtà, come molte altre purtroppo, che dietro l'apparenza della legalità nasconde ben altro; sollevare il tappeto, per vedere la polvere, è un atto rivoluzionario e quindi meglio il silenzio seppur rumorosissimo.
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