Pink Floyd e Ruché | La supremazia del naso

Pink Floyd e Ruché | La supremazia del naso

di Nicola Cereda

“I ricordi di un uomo in età avanzata
Sono le azioni di un uomo nel fiore degli anni
Cammini nella cupa atmosfera della stanza del malato
E parli a te stesso mentre muori”
(Free Four – Roger Waters)

Un’opera d’arte che non sia un minimo controversa corre il rischio di risultare poco interessante e vitale… o forse no. I Pink Floyd degli anni Settanta riuscirono nell’impresa di mettere d’accordo paolotti e comunisti, una colpa imperdonabile per un ragazzino allineato alla critica post-punk più radicale che vedeva nell’allontanamento di Syd Barrett la morte artistica della band.

Contrariamente a quelle primitive convinzioni adolescenziali, col passare degli anni mi trovai sempre più immerso nelle malinconiche ballate firmate da Waters e Gilmour, specchio della primavera del mio scontento e del disagio per un ruolo nella società già pianificato senza il mio consenso. Nell’oscura e indecifrabile stagione di passaggio tra l’adolescenza e l’età adulta “Fat Old Sun”, “San Tropez”, “If”, “Free Four”, “Breathe”, “Grantchester Meadows”, “The Narrow Way”, “Pigs on the Wing”, brani di incantevole delicatezza distanti dall’enfasi retorica del repertorio nazionalpopolare, mi offrirono calore e conforto in dosi tanto generose quanto inaspettate.

Ancora oggi, a quasi quarant’anni di distanza, quando la luce prende il sopravvento sul buio, le api ronzano tra i fiori e l’usignolo allontana la paura della notte, sento forte il desiderio di perdermi tra le pieghe di quelle verdi melodie, in bicicletta, lungo il fiume straripante di vita. Il profumo di una nuova primavera è quanto di meglio possa chiedere un naso sentimentale, custode della memoria olfattiva di una vita intera. 

Come le canzoni, molti vini dal particolare profilo olfattivo sono in grado di fare breccia nello scrigno delle nostre emozioni più profonde e proiettarci in un luogo e in un tempo lontani. I rossi da vitigni aromatici come il Ruché di Castagnole Monferrato, la Lacrima di Morro d’Alba (al femminile), l’altoatesino Moscato Rosa, il romagnolo Centesimino, Brachetto piemontese e Moscato di Scanzo nelle rare versioni secche, sono chiavi d’accesso al giardino delle mie mille primavere, tra sferzate di illogica allegria e un velo di sottile malinconia. Col Ruché (e talvolta con una Lacrima) ammetto di perdere obiettività tanto da sopportare anche ciò che alcuni considerano caricature enologiche, quei vini-Cleopatra che fanno esclamare: caspita che naso! Rosa, violetta, geranio, lavanda, more di rovo, pepe rosa… ma è davvero vino?

Jacky Rigaux afferma nel suo Vino capovolto: “la supremazia accordata al naso privilegia ovviamente i vini tecnici che, a colpi di artifici tecnologici e chimici, soddisfano il consumatore in cerca di profumi, gli stessi vantati da critici e sommelier che si compiacciono di gareggiare audacemente individuando un numero sempre maggiore di odori nei loro giudizi. Ad avere la meglio sono i vini facili, tecnicamente ben fatti, ma senza grande complessità, pronti per essere bevuti appena immessi sul mercato”.

Mah!

Estrapolare una frase dal contesto non è operazione corretta, ne sono consapevole, ma anche il naso vuole la sua parte e mi piace pensare che la componente volatile del liquido odoroso sia naturale espressione della fermentazione e parte fondamentale del piacere della degustazione.

E poi, dice il filosofo, se il naso di Cleopatra fosse stato più corto, sarebbe cambiata l’intera faccia della terra… Abbiamo forse noi l’ambizione di cambiare il volto del mondo del vino?

Frattanto, sul lato oscuro della luna, c’è una bottiglia da scegliere per cena.

Da una parte, Teresa La Grande 2020 è il primo Ruché davvero convincente di Cascina ‘Tavijn dopo una serie di estati torride che hanno messo a dura prova il know-how di Nadia Verrua. Non siamo ai livelli di quel 2014 etereo e freschissimo che stordiva di ammaliante fragranza floreale, ma in questa vendemmia struttura e alcol mostrano il lato più materico e tattile di un vino che reagisce al cambiamento climatico senza esserne sopraffatto.

Teresa La Grande

All’altro angolo del ring, il Rosa Ruske 2016 di Cantine Valpane è una specie di separato in casa in quanto inviso al suo stesso creatore: Pietro Arditi non lo ha mai amato davvero e temo proprio che questa sia l’ultima annata prodotta. Non lo bevo dal lockdown e spero proprio che il fardello del tempo non abbia intaccato quel suo istrionico e inafferrabile carattere in grado di prenderti letteralmente per il naso.

Rosa Ruske

Eludendo la responsabilità della scelta stappo entrambe le bottiglie, verso due bicchieri, annuso, e come per incanto ritrovo il filo che ho perso. Fuori piove a catinelle ma la primavera non la puoi bloccare, respingere, contenere… ed eccomi di nuovo in strada, fradicio di magia, tra specchi di cielo e asfalto. Mentre corro a testa alta con gli occhi semichiusi, respiro la libertà e mi canto una canzone: “non appartengo a nessuno, non appartengo a te, ma soltanto alla terra e alla pioggia che scende su di me”. Per chi ci crede, lacrime di gioia dal paradiso.

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Nicola Cereda

Brianzolo. Cantante e chitarrista dei Circo Fantasma col blues nell'anima, il jazz nel cervello, il rock'n'roll nel cuore, il folk nella memoria e il punk nelle mani. Co-fondatore di Ex-New Centro di arte contemporanea. Project Manager presso una multinazionale di telecomunicazioni. Runner per non morire. Bevo vino con la passione dell’autodidatta e senza un preciso scopo. Ne scrivo per non dimenticare e per liberarmi dai fantasmi delle bottiglie vuote.

4 Commenti

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mariazzo

circa 1 mese fa - Link

Lunga vita al Ruché! Un vitigno e un vino che non è mai stato sotto i riflettori. e da una parte, menomale. Per me è un vino di quelli da godersi easy. Quando non hai voglia di farti mille seghe mentali su questo e quello. Diretto. Piacione al punto giusto e goloso. Davvero da spegnere il cervello e berselo senza troppe ansie da prestazione. E' tutto lì nel calice ed è proprio questo il suo bello.

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Michele

circa 1 mese fa - Link

Bel pezzo e citazione di Rigaux più che opportuna perché nessuno dovrebbe mai fare affermazioni così perentorie basate esclusivamente sulla propria autorevolezza e le proprie convinzioni. Ciò che viene asserito, non è infatti necessariamente vero, anzi

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Gianfranco Antoniali

circa 1 mese fa - Link

Troppo bello per essere vero, troppo vero per non essere vino... Vorrei assaggiaste il mio Timorasso, vigneto eroico e storico...

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AG

circa 1 mese fa - Link

Sarò antico ma trovo i vini olfattivamente ipertrofici ridondanti stucchevoli e ripetitivi

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