La casa dei sogni esiste (Jimmy Butler edition)

La casa dei sogni esiste (Jimmy Butler edition)

di Alessandro Morichetti

C’è questo canale YouTube di cui credo sia impossibile non uscire pazzi e si chiama Architectural Digest: 6,95 mln di iscritti praticamente attorno alla rubrica Open Door AD in cui celebrities perlopiù americane aprono le porte delle loro case faraoniche. Quelle robe che finché non vedi non credi.

Case da sogno, budget illimitati, un modo come un altro per sognare sbirciando negli spazi quotidiani di vite ovviamente tutto fuorché comuni. Dala SPA di Henri Chenot all’interno della villa (più una media provincia italiana che una semplice casa) di Naomi Campbell in Kenia a scendere, c’è di che passare dei pomeriggi a bocca aperta.

[Il guardaroba di Sofia Vergara]

[Questo è il guardaroba di Sofia Vergara, fate un po’ voi]

Poi vabbè questi sono anche entrati dentro alla Casa Bianca con Joe Biden, per capire il livello.

Io sbircio AD un po’ a casaccio e non potevo mancare la puntata di Jimmy Butler, vera star della NBA che gioca a Miami in Florida e giustamente ha una villa monumentale in California, dall’altra parte dell’America.

Tutto procedeva abbastanza regolarmente nella visione fino al minuto 03:35, quando inizia la sezione Wine Cellar.

Ve lo dico in anticipo: se già conoscete il canale, nulla di nuovo (ma questa cantina vi stende secchi).
Se invece non conoscete il canale e siete pure appassionati di vino, pigliatevi un calmante sennò qualcuno ci lascia le penne.

Tre minuti di visione consigliatissima.

Non saprei da dove cominciare coi commenti.
La passione di Jimmy Butler è il Sassicaia e una intera parete sta lì a dimostrarlo. La svalangata di casse in legno di Masseto non va troppo lontano.
Una distesa di magnum di Petrus così significativa non l’avevo mai vista, o forse solo nelle foto di Pinchiorri.
E te credo che sia my new favorite area of the house, sembra un castello medievale foderato delle bottiglie più ricercate del mondo.
Tanto Bordeaux e affini, DRC potrebbe mai mancare?

Jimmy Butler

 

Una roba pazzesca.

BUTLER

Nella prossima vita vorrei rinascere consulente dei VIP come Chris Hoel, che giustamente si bulla di questa collaborazione mentre Butler candidamente scherza sulla pronuncia della parola “sommelier”.

Hoel

Grande villa, grande patrimonio, fama planetaria, successo eterno, tutto giusto e tutto vero.

Ma questi, in fondo, sono solo dettagli di contorno perché tutto quello che di fondamentale c’era da dire su Jimmy Butler lo ha già scritto La Giornata Tipo e parlare di lui senza menzionare loro avrebbe poco senso:

– il padre lo ha abbandonato alla nascita
– è stato senza fissa dimora dai 13 ai 16 anni perché la madre lo ha cacciato di casa
– dai 16 ai 19 anni ha vissuto nella famiglia di un amico conosciuto al campetto

L’infanzia di Jimmy Butler è stata terribile, poi, grazie al basket, la sua vita è cambiata

In questi giorni è uscito il documentario “Starting 5” realizzato da Netflix che ha seguito 5 giocatori NBA nella scorsa stagione, compreso Butler.
Nel documentario si è scoperto che Butler, nonostante tutto, si è riavvicinato a sua madre ed anche a suo padre.
Il legame con quel padre che lo aveva abbandonato, è diventato molto forte nel tempo. “Non serbo rancore, io amo i miei genitori e farò di tutto per loro finchè saranno in vita”.

Grazie al documentario si è scoperto che (spoiler) lo scorso febbraio Butler ha saltato 4 partite per poter stare vicino al padre: da quasi un anno era malato terminale e le sue condizioni si erano aggravate. Nel giro di pochi giorni è poi deceduto.
Dal quel momento la seconda parte di stagione di Butler, anche complice gli infortuni, è stata al di sotto dei suoi standard e per questo è stato anche oggetto di critiche.

“Ci sono persone che non capiscono che gli atleti sono esseri umani e non macchine. Soffriamo e piangiamo come tutti. Sono stato male, non riuscivo ad accettare il fatto che mio padre non fosse più con me (negli ultimi 4 anni vivevano insieme a Miami). Mio padre era speciale. Fa schifo soffrire, fa schifo perdere le persone care. Si aspettano che tu sia sovrumano, ma io sono molto umano e sto soffrendo in questo momento. Quello che mi fa andare avanti è il fatto che sono sicuro di averlo reso orgoglioso come figlio. Proprio per questo ho desiderato diventare padre, per poter ogni giorno amare i miei figli come lui ha amato me.”

Da fuori è impossibile giudicare le parole di Butler riguardo a dei genitori che sono stati causa della sua terribile infanzia. È però straordinariamente ammirevole quello che ha fatto, il legame che ha voluto stringere con loro, l’amore che gli ha dato, e la voglia di recuperare quel pezzo di vita che gli mancava e che ha voluto vivere da adulto.
Al liceo, una delle offese che riceveva più spesso dagli avversari in campo, tradotta in italiano, era “Figlio di nessuno!”.

Per tutta la vita Jimmy Butler ha inseguito il sogno di essere figlio di qualcuno. E nella scorsa stagione ha sofferto, in silenzio, senza renderlo di dominio pubblico, per la perdita di quello che finalmente aveva potuto chiamare padre.

Amen.

Poi, se volete, la prossima volta parliamo del bar di Carmelo Anthony, ma forse è meglio di no. Per rispondere anche alla domanda su dove finiscano solitamente i vini top di Bordeaux.

Melo

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Alessandro Morichetti

Tra i fondatori di Intravino, enotecario su Doyouwine.com e ghost writer @ Les Caves de Pyrene. Nato sul mare a Civitanova Marche, vive ad Alba nelle Langhe: dai moscioli agli agnolotti, dal Verdicchio al Barbaresco passando per mortadella, Parmigiano e Lambruschi.

2 Commenti

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Nicolò Seminara

circa 15 ore fa - Link

Oddio guardare quella roba è un fare poco come facevano ( fanno ancora?) i turisti poverelli e guardoni che andavano in Costa Smeralda per vedere per alcuni secondi i vippis che entravano nella discoteca di quel piemontese di dubbia istruzione pieno di soldi e di morose. E poi: chissenefrega delle cantine dei vippis?

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Alessandro Morichetti

circa 14 ore fa - Link

Ma sì dài, rilassati ogni tanto ché la vita è già impegnativa di suo :-)

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