Intrawine #29 | Speculazione in Jura, rischi della premiumisation, futuro dell’AI e genesi di Grattamacco

Intrawine #29 | Speculazione in Jura, rischi della premiumisation, futuro dell’AI e genesi di Grattamacco

di Massimiliano Ferrari

Ritorna Intrawine, la rassegna stampa mensile di Intravino.

Archiviata la ricca uscita di luglio si ritorna con la solita selezione di notizie, spunti e articoli raccolti durante i mesi estivi per riaccendere interesse e dibattiti intorno al vino. Il copione di questo mese prevede: scenari futuri dell’AI nel settore vinicolo, Hermitage e Bolgheri, investimenti russi nel vino e molto altro.

Come sempre, per segnalazioni, consigli, critiche o altro scriveteci: dillo@intravino.com.


Do AI dreams of electric wines?
L’apertura di questo pezzo è piuttosto emblematica. Non passa giorno ormai che l’intelligenza artificiale non faccia passi avanti: nuovi sviluppi e innovative modalità di utilizzo spingono a credere che in un futuro ravvicinato la sua presenza si farà sempre più ingombrante. Vale lo stesso discorso anche quando si tratta di vino. Già ora l’AI è in grado di generare testi critici, analisi e recensioni giornalistiche ma gli usi possibili sono molto più ampi. Basti pensare all’applicazione delle potenzialità dell’AI in agricoltura come previsioni meteorologiche a lungo termine, studio dei suoli, strumenti che monitorino lo salute delle piante e diano indicazioni sul momento opportuno di raccolta delle uve. In questo senso la viticoltura ha molto da trarre dagli sviluppi possibili dell’intelligenza artificiale. La vera sfida futura sarà constatare se le AI saranno in grado di replicare uno dei momenti cardine nella relazione fra uomo e vino, ovvero la degustazione. La sfida è affascinante ma ricostruire in un ambiente digitale olfatto, gusto e vista, i sensi dell’assaggio, è un’operazione che al momento sembra ancora remota. Ci sono già alcune startup che stanno cercando di digitalizzare aromi e sensazioni olfattive come Osmo per esempio. Al lavoro su questo tema c’è anche un team guidato dal neuroscienziato Alexandre Pouget e dalla chimica Stéphanie Marchand: hanno fatto analizzare ad un modello di AI campioni di diversi vini bordolesi con il risultato che dopo l’apprendimento è stato in grado di riconoscere pattern comuni nei vini proposti, riuscendo quindi ad identificarli seguendo caratteristiche comuni. Questo è solo la punta dell’iceberg di quanto viene raccontato nell’articolo. Le potenzialità che l’Intelligenza Artificiale sembra promettere sono innumerevoli, si va dalle applicazioni che raccomandano vini ai consumatori ad altre che generano giudizi fino a possibili utilizzi nell’accoglienza e nel turismo del vino. Se la digitalizzazione del settore vinicolo sarà una delle chiavi del suo futuro successo molto passerà anche dai progressi delle intelligenze artificiali.

AI, wine experts, and wine apps: whatever next? (World of Fine Wine)


Jancis Robinson e una verticale storica
Quando Jancis Robinson si cimenta nella degustazione di un’icona della viticoltura mondiale è il caso di mettersi a sedere e leggere, c’è sempre qualcosa da portare a casa. L’icona in questione è l’Hermitage La Chapelle di Paul Jaboulet Aîné. Il racconto di Robinson parte ricordando che c’è stato un tempo in cui i vini di Hermitage venivano usati dai produttori di Bordeaux per rinforzare i propri e per aumentarne il prestigio mettevano in etichetta la dicitura HermitagéLa verticale degustata dalla giornalista britannica parte dall’annata 1964 per arrivare fino alla 2015. Sui i singoli vini l’articolo non si dilunga in note degustative o orpelli aromatici. E’ interessante invece come l’attenzione è posta sulla variabilità delle annate che in un certo senso segue l’itinerario dell’azienda Jaboulet e le sue vicissitudini. Così a partire dalla 1991 troviamo vini che perdono la maestosità delle annate precedenti. Il cambio di proprietà nel 2006 porta nuovi cambiamenti nel profilo dei vini che nel corso degli anni successivi si rivelano essere più moderni pur mantenendo un legame con la tradizione di Hermitage. Questo articolo, come la segnalazione successiva, a mio parere è emblematico di un certo modo serio di fare giornalismo del vino: poco storytelling, zero svolazzi personalistici o soggettivi ma fatti, storia, opinioni sostenute da credibilità e conoscenza della materia. Ad averne.

The ups and downs of Hermitage La Chapelle (JancisRobinson)

JR


Making of Grattamacco
Articolo questo che “rubo” da una segnalazione dell’ottimo Nelson Pari. Scritto che farà la felicità di nerd e impallinati di tecnica vinicola ed enologica. È infatti un lungo e interessante dialogo/saggio fatto in compagnia di Luca Marrone, enologo di Grattamacco, intorno al Bolgheri Rosso Superiore della stessa azienda. Il pezzo apre su quale sia la filosofia perseguita per questo vino, less is more, e quale sia stato il percorso di Marrone nel lavorare con questo vino, gli interrogativi e le sfide che ogni vendemmia propone. Il succedersi delle annate si rivela essere l’occasione per riflettere di aspetti della vinificazione come gestione dell’acidità, uso dei legni, macerazioni e lieviti indigeni. L’articolo diventa così un’originale verticale che invece di soffermarsi sugli aspetti gustativi del vino ne pone in risalto il dietro alle quinte, una sorta di making of. Da un punto di vista giornalistico mi sono trovato di fronte a qualcosa di inedito, le riflessioni e i dubbi di un uomo del vino alle prese con una bottiglia importante ma che viene smontata come un meccano, scrutata nei suoi particolari e rimontata come qualcosa di artigianale, pezzo per pezzo.

The crucial decisions behind a Bolgheri red (International Wine Challenge)

Grattamacco


Chi ha paura della premiumisation?
Le vendite di vini economici negli Stati Uniti sono in calo mentre a salire è il valore medio degli acquisti. Sintetizzando parecchio, questo è il tema dell’articolo proposto che prova a ragionare intorno al fatto che la cosiddetta premiumisation, ovvero la tendenza ad acquistare vini di livello e prezzo superiori, non sia il pranzo di gala che tanti commentatori vogliono farci credere. L’ampliarsi della forbice fra vini entry level e premium o superpremium potrebbe trasformare il vino in un prodotto per benestanti e ricchi e la scomparsa di vini di buona qualità a basso prezzo creerà una disparita fra chi può e chi non ha le risorse per bersi un’accettabile bottiglia di vino. Inoltre il calo delle vendite nella grande distribuzione estrometterà di fatto aziende medio-piccole che non avranno le risorse e le economie di scala sufficienti per contrastare i grandi gruppi industriali. L’articolo mi sembra una lettura utile per l’analisi che propone intorno a temi come l’andamento dei mercati vinicoli, le scelte dei consumatori, la premiumisation appunto e la sopravvivenza delle aziende medio-piccole. Da leggere.

The cost of premiumisation (Meininger’s International)


Il senso di Putin per il vino (e gli affari)
Il fascino e l’attrazione che il vino da secoli esercita su uomini di potere, dittatori e capi di stato è costituito da una lunga galleria di personaggi più o meno sinistri. L’ultimo a iscrivere il proprio nome in questo particolare club è Vladimir Putin. Nel pezzo segnalato infatti si racconta del progetto intrapreso dal dittatore russo di costruire sulle sponde del Mar Nero un enorme resort tutto dedicato al vino, Wine City. Il complesso sorgerà a Gelendzhik, nelle cui vicinanze si trova anche una fantasmagorica residenza putiniana. Ma l’elenco degli investimenti russi nel vino non si fermano qui. Insider, una pubblicazione dissidente al regime, riporta che due nuove cantine sono in fase di costruzione sempre nella zona di Gelendzhik per un valore di circa 176 milioni di dollari. Al di là del valore e del senso di progetti come quelli elencati è interessante notare come il vino rappresenti nelle mani del potente di turno un tentativo di distinzione, uno strumento anche di soft power se vogliamo e comunque un esercizio di propaganda oltreché un sistema per generare profitti o ripulire denaro.

Putin gets into the wine industry (Wine Searcher)

Putin


Lo Jura è la nuova terra degli speculatori
Da dove arriva questo interesse e la conseguente impennata dei prezzi per i vini dello Jura? È quello che si chiede Wink Lorch, critica britannica che di alcune zone vinicole minori della Francia come Jura appunto e Savoia è una dei massimi esperti. Certo definire oggi i vini dello Jura come minori fa quasi scappare da ridere visto il clamore e le ricerche che queste bottiglie suscitano fra bevitori, collezionisti e speculatori di mezzo mondo. Lorch individua il problema nel cosiddetto mercato grigio e purtroppo non si scopre nulla di nuovo. Le bottiglie di Overnoy o Kenjiro Kagami, per citare i nomi che fa lei stessa, vengono vendute a prezzi astronomici attraverso un opaco sistema di acquisti, aste, rivendite che fanno salire i prezzi in maniera vertiginosa. Secondo la giornalista inglese a rimetterci sono i produttori stessi che vedono i loro vini fare il giro del mondo, venduti a cifre a quattro zeri, mentre i loro guadagni rimangono più o meno stabili. La speculazione inoltre si porta dietro un altro problema molto attuale, quello delle bottiglie false. Da parte loro i vignaioli stanno approntando soluzioni a questa questione come limitare le allocazioni o creare piattaforme di vendita condivise da diversi produttori come è stato fatto in Borgogna. Wink Lorch consiglia quando è possibile di risparmiare i propri soldi, visitare i produttori nelle loro cantine e acquistare direttamente quei vini tanto ricercati, sempre che ne siano rimasti.

Speculation rife as Jura sellers get greedy (Wine Searcher)

Jura


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Massimiliano Ferrari

Diviso fra pianura padana e alpi trentine, il vino per troppo tempo è quello che macchia le tovaglie alla domenica. Studi in editoria e comunicazione a Parma e poi Urbino. Bevo per anni senza arte né parte, poi la bottiglia giusta e la folgorazione. Da lì corsi AIS, ALMA e ora WSET. Imbrattacarte per quotidiani di provincia e piccoli editori prima, poi rappresentante e libero professionista. Domani chissà. Ah, ho fatto anche il sommelier in un ristorante stellato giusto il tempo per capire che preferivo berli i vini piuttosto che servirli.

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