Intrawine #28 | Taylor Swift, riuso di bottiglie, certificazione B Corp e Intelligenza Artificiale

Intrawine #28 | Taylor Swift, riuso di bottiglie, certificazione B Corp e Intelligenza Artificiale

di Massimiliano Ferrari

Nuovo appuntamento mensile con Intrawine, la rassegna stampa di Intravino che raccoglie le notizie più interessanti e originali uscite in giro per il mondo nelle ultime settimane.

Per questo mese un’uscita più corposa in vista dell’estate, delle vacanze e di qualche momento libero in più da dedicare alla lettura e all’approfondimento.

Quindi via con l’uscita estiva di Intrawine dove troviamo: ereditare una collezione di vini, caldo e condizioni di lavoro, nuove certificazioni, macerazione carbonica e altre storie da leggere e conservare.

Come sempre, per segnalazioni, consigli, critiche o altro scriveteci: dillo@intravino.com.


Guida galattica per enostrippati e critici in cerca d’identità
La prima segnalazione per questo mese arriva da Punch, magazine online che ha saputo rinnovare la narrazione intorno al vino e trovare nuove forme di racconto nel corso degli ultimi anni. Un esempio perfetto di questa idea di giornalismo è la segnalazione qui presentata: non un singolo articolo ma una guida pubblicata di recente che, mettendo insieme prospettive e approfondimenti diversi, traccia un qui e ora nel mondo del vino soprattutto statunitense. I temi trattati non potrebbero essere più diversi. Si va dalla scena dei wine bar americani alla contrastante reputazione di Sancerre fra ristoratori, wine director e sommelier americani per passare poi all’analisi di dieci produttori da tenere sott’occhio, fino ai wine influencers che spopolano su TikTok. Al di là del valore dei singoli pezzi, è interessante notare l’approccio alla materia vinosa. Ironico ma competente, dissacrante e spigliato, attuale e innovativo. Si parla e scrive di frequente di come la critica sul vino sia agonizzante o di come la stampa specializzata non sappia rinnovarsi e trovare nuove strade. Questa guida controcorrente ricorda come sia possibile scrivere di vino uscendo dai consueti percorsi e che, piaccia o meno, lo si può fare senza tenere il solito, noioso tono professorale.

A field guide to drinking wine right now (Punch)

Punch


Quando una collezione di vini non è solo una collezione di vini
Una collezione di vini è in molti casi molto più che un’affollata cantina di bottiglie più o meno prestigiose, come racconta bene questo intenso articolo. È la storia di William Stephen Osburn, proprietario per diversi anni di un negozio di generi alimentari e carne lungo la costa dell’Oregon. Stephen era appassionato di vino e nel corso di trent’anni acquistò e conservò centinaia di bottiglie, una collezione che alla sua morte nel 2016 la famiglia si trovò a gestire. Il pezzo è una toccante riflessione sulla passione che il vino riesce ad instillare nelle persone, su come una serie di bottiglie meticolosamente custodite possa diventare il testamento di un uomo e del rapporto, spesso sottovalutato, che si crea fra il tempo e il vino. Una storia semplice, se vogliamo, una fra le tante che si potrebbero raccontare sulla passione che il vino riesce ad accendere, ma è anche il racconto di come le persone “usano” una bottiglia, di come questa possa diventare uno strumento per rievocare ricordi mantenendo un contatto con qualcuno che non c’è più.

Their father left them his prized wine collection. Now what? (The New Wine Review)

The new wine review


Per alzare i consumi ripartiamo da Taylor Swift
La riflessione di Robert Joseph verte attorno a quale potrebbe essere una strategia efficace per risolvere l’enorme problema di questi anni Venti nel mondo del vino. I consumi sono in calo un pò ovunque ma gli Stati Uniti hanno registrato performance particolarmente negative negli ultimi anni. Di fronte ad una situazione di questo tipo e all’avanzata di un movimento neo-proibizionista sempre più agguerrito, i propositi per incentivare il consumo si sprecano. La proposta di Joseph è guardare al mondo affollato delle celebrities che in modo diretto o indiretto hanno legato il proprio nome al vino. Semplici appassionati, proprietari di aziende e cantine, sono tanti i vip in giro per il mondo affascinati dal vino. Joseph propone di ripartire da lì, coinvolgere i consumatori non ad acquisire solo conoscenze di zone vinicole ma a legare la propria passione a quella di cantanti, sportivi o attori, cercare affinità in un mondo dominato da reels o video di TikTok. Nel pezzo si fa riferimento alla star globale per eccellenza di questi anni, la cantante statunitense Taylor Swift, che ha più volte espresso la propria passione per i bianchi di Sancerre. La proposta è sicuramente provocatoria ma contiene un nocciolo di verità che riguarda il fatto che vino e giovani non siano mai stati così lontani e di come manchi un linguaggio e un terreno comune in cui incontrarsi.

Falling wine sales. Maybe Taylor Swift is the answer (Meininger’s International)

Meininger


Lavorare nella ristorazione al tempo della crisi climatica
Ora ci spostiamo su un argomento diverso da vigne, consumi e calici ma che mantiene comunque un legame con il mondo vinicolo. L’articolo qui proposto arriva da una newsletter che consiglio di seguire, Solar, che tratta di cambiamento climatico e come affrontarlo ed è la traduzione di un pezzo uscito originariamente su Grist. Il tema riguarda le condizioni di lavoro di migliaia di operatori del settore ristorativo e di come la crisi climatica le renda ancora più opprimenti e difficili. I lavoratori del settore alimentare e agricolo si trovano in prima linea nell’affrontare i picchi estremi di un clima fortemente alterato. Basti pensare alle persone che lavorano nei fast food ma anche a tutte quelle impiegate nella coltivazione e raccolta di frutta e verdura. L’articolo si concentra sulla situazione statunitense ma basta spostare lo sguardo e avvicinarsi a contesti più familiari per rendersi conto che le condizioni di lavoro nell’industria alimentare sono spesso deficitarie e mancanti di qualsiasi criterio di benessere e tutela dei lavoratori. Temperature estreme e forti contrasti climatici sono ormai una consuetudine anche nella nostra realtà e riflettere sulle condizioni di chi, con il proprio lavoro, permette di avere cibi pronti e ortaggi sulle tavole diventa necessario anche a fronte delle recenti cronache italiane in cui si torna a parlare di caporalato e situazioni disumane di lavoro.

Al lavoro fa troppo caldo? Allora scioperiamo (Solar)


Una certificazione per stare al passo coi tempi
Rimanendo nel solco della segnalazione precedente, in questo pezzo Eric Asimov sul New York Times riflette su come un numero sempre maggiore di aziende vinicole voglia certificarsi non solo per le proprie pratiche agricole e di sostenibilità ma anche per le condizioni di lavoro e di benessere dei propri dipendenti e lavoratori. Se fino a qualche anno fa fregiarsi di un attestato che premiasse il proprio impegno verso un’agricoltura pulita, sostenibile ed ecologicamente etica era un merito, ora non è più sufficiente. In giro per il mondo, aziende e cantine cercano con sempre più frequenza di ottenere la certificazione B Corp che viene riconosciuta ad aziende la cui conduzione generi  un valore superiore a quello che viene consumato e che valutino i propri risultati ambientali e sociali allo stesso livello di quelli economici. Come sottolinea l’articolo di Asimov, guadagnarsi questo riconoscimento non è un percorso semplice. Vengono presi in esame diversi indicatori aziendali, da quelli legati a temi prettamente ambientali ad altri che analizzano diversità razziale e di genere all’interno delle aziende fino alle relazioni che queste creano con le comunità locali in cui sono inserite. Il fatto che grandi corporation, come Bollinger o Domaines Barons de Rothschild, l’abbiano ottenuta è la prova che temi attuali come la giustizia sociale, l’inclusione e la tutela ambientale sono diventati prerogative imprescindibili anche in un mondo tradizionale come quello del vino, soprattutto alla luce del fatto che l’attenzione di potenziali giovani consumatori è rivolta proprio a queste tematiche quando si tratta di scegliere un certo prodotto o di fare i propri acquisti.

Why are wineries around the world seeking this certification? (New York Times)


Tutto quello che volevate sapere su macerazione carbonica, invecchiamento ed élevage
Dal momento che siamo su Intravino, torniamo con due segnalazioni che piaceranno ai nerd della materia. Si tratta di due approfondimenti distinti che analizzano da una parte scienza, funzioni e risultati che la macerazione carbonica ha sul prodotto finale e dall’altra un’utile retrospettiva sul significato di termini come élevage e aging o invecchiamento e le differenze che passano fra i due. Se l’invecchiamento di un vino viene compreso abbastanza immediatamente, élevage è uno di quei termini squisitamente francesi, come terroir, che dietro un’apparente chiarezza nascondono un ginepraio semantico. L’élevage non riguarda tanto la maturazione di un vino quanto il suo “allevamento”, cioè quell’insieme di pratiche e scelte che vengono fatte durante tutto il percorso di vinificazione. Tornando invece alla macerazione carbonica, occorre ricordare che in realtà ne esistono di due tipi: una prima detta semi-macerazione e una seconda che potremmo definire completa. Si tratta in ogni caso di un processo affascinante che stupisce per gli esiti che produce nel calice. Negli ultimi anni poi è diventata una pratica che ha riscosso successi un po’ ovunque proprio per la sua capacità di dare prodotti che incontrassero un gusto diffuso per vini leggeri, profumati, dal corpo esile ma dotati di una beva succosa e invitante. Per avere riscontro citofonare a qualsiasi movimento di vini naturali.

The science of carbonic maceration in wine (SevenFiftyDaily)

Wine Élevage: coming to terms with aging (WineSearcher)

SevenFiftyDaily


In Oregon il riuso delle bottiglie è un progetto concreto
Sul tema del riutilizzo delle bottiglie di vino su Intravino siamo abbastanza sensibili. In tempi non sospetti, Tommaso Ciuffoletti ne aveva scritto con merito qui e qui. Il riuso delle bottiglie è argomento che sta guadagnando attenzioni anche in giro per il mondo come testimonia questo pezzo in cui si spiega il progetto condiviso da 60 aziende vinicole in Oregon per imbottigliare parte della loro produzione in bottiglie già usate. L’idea è sostenuta da Revino, start-up fondata proprio a partire dal concetto di incentivare le aziende americane a lavare e riusare bottiglie standardizzate. Sempre in Oregon esiste già dal 2018 un programma dedicato alla circolazione di bottiglie di birra riutilizzabili e ora si sta tentando la stessa strada anche fra le aziende di vino. Gli ultimi anni, coincisi con il post-Covid e con diversi conflitti internazionali, hanno visto come la scarsità di materie prime fra cui il vetro e l’innalzarsi dei costi delle stesse oltre all’impatto ambientale della loro produzione siano diventati questioni non rimandabili per le aziende di mezzo mondo. Il riutilizzo del vetro o la ricerca di nuovi materiali adatti al packaging del vino non sono più scenari futuribili ma concrete realtà da conoscere.

Are reusable wine bottles becoming a real movement? 60 Oregon wineries to adopt Revino’s refillable bottles (WineBusiness)

Wine Business


La nuova era dell’AI nel vino sta arrivando
Finiamo con una notizia che da conto di come anche il mondo del vino stia recependo le trasformazioni che l’AI sta portando nella realtà contemporanea. Come sintetizza bene il titolo dell’articolo, l’intelligenza artificiale sta iniziando ad infiltrarsi nel settore vinicolo influenzando quello che finirà nei calici. Sono molte infatti le sperimentazioni in atto nei vigneti di mezzo mondo, con trattori dotati di visori a 360° in grado di monitorare lo stato delle uve, dispositivi che controllano i livelli idrici nel terreno e strumenti che prevedono e stimano le rese di ogni vigna incrociando dati climatici e atmosferici. Anche in Italia iniziano a comparire le prime sperimentazioni come quella portata avanti da Antinori, che ha introdotto in alcuni vigneti un trattore elettrico che attraverso l’AI compie operazioni come cimatura e defogliatura. L’uso di tecnologie basate sull’AI consente poi ad aziende e vignaioli di controbattere colpo su colpo alle instabilità climatiche divenute ormai una consuetudine. Questo approccio permette di risparmiare risorse e ottimizzare i raccolti cercandone la massima espressione una volta che il vino è in bottiglia. Il futuro della viticoltura si giocherà anche sulla presenza sempre più massiccia dell’intelligenza artificiale in vigna e in cantina. Per quanto riguarda vini vinificati e assemblati in totale indipendenza dall’intelligenza artificiale ci sarà ancora da aspettare.

AI has infiltrated the wine industry and it’s affecting what’s in your glass (Food&Wine)


Tutto su IntraWine, la rassegna stampa di Intravino:

– IntraWine | La rassegna stampa di Intravino #1 Febbraio 2022
– IntraWine #2 | Melania Battiston, fumetti, Buttafuoco, gusto “salato” e DRC
– IntraWine #3 | vino “croccante”, Barolo a La Place, terroir di Internet e guerra in Ucraina

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– Intrawine #18 | Drops of God, luxury wine, French paradox, acque di lusso, Mateus e Texas boom
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– Intrawine #21 | Andrea Lonardi, lockdown a Shanghai, mortalità femminile e crisi dei consumi
– Intrawine #22 | Fine wines, Gaja in bianco, scelte di packaging, Ucraina, Brasile e la politica del vino
– Intrawine #23 | Monopolio in Norvegia, vino postmoderno, neopribizionismo e sovrapproduzione
– Intrawine #24 | caporalato in Champagne, dove va il vino inglese, AI contro le frodi e futuro dei sommelier
– Intrawine #25 | Crisi del vino mondiale, Casa Bianca, menu trends, COP28 e wine experts che non bevono
– Intrawine #26 | Neo-proibizionismo, geografia del vino stravolta, cantine da sogno e dazi cinesi
– Intrawine #27 | Consumi a picco, etichette incriticabili, vino come sangue e pregiudizi sulle donne

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Massimiliano Ferrari

Diviso fra pianura padana e alpi trentine, il vino per troppo tempo è quello che macchia le tovaglie alla domenica. Studi in editoria e comunicazione a Parma e poi Urbino. Bevo per anni senza arte né parte, poi la bottiglia giusta e la folgorazione. Da lì corsi AIS, ALMA e ora WSET. Imbrattacarte per quotidiani di provincia e piccoli editori prima, poi rappresentante e libero professionista. Domani chissà. Ah, ho fatto anche il sommelier in un ristorante stellato giusto il tempo per capire che preferivo berli i vini piuttosto che servirli.

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