Il vino che vorrei (e il vino che farei)

Il vino che vorrei (e il vino che farei)

di Clizia Zuin

Il vino che vorrei.

Da sommelier vorrei un vino facile: facile da proporre, con uno storytelling accattivante, con un’etichetta che cattura l’attenzione ma che allo steso tempo trasmetta il lignaggio di 35000 generazioni di produttori, così, in un colpo solo con un’immagine forte e un blasone con almeno 3 palle.

Facile da servire: bottiglia ecologica, leggera, con il rilievo dello stemma della denominazione o del nome stesso dell’azienda. Tappo conforme alle normative e alle benedizioni di Greta Thunberg e in linea con la riforestazione dei sughereti sardi. Che non sgocciola. Mai. Nemmeno nel momento drammatico della “appena stappata e sto colma-colmissima”.

Facile da assaggiare: buono, bello generoso, sin dai suoi primi istanti di vita e di imbottigliamento, come la 2007, che in molti davano per spiaggiata da subito ma che a distanza di anni ancora mi regala entusiasmo viscerale e genuino, un salto indietro nel tempo che DeLorean scansate proprio. Ma che deve anche invecchiare senza problemi, per sempre, deve durare più dei tappi di plastica negli oceani, deve subire viaggi oltre l’equatore e passare l’infelice linea dell’inversione del magnetismo terrestre rigorosamente in nave, senza troppi traumi.

Facile da raffreddare: in ghiaccio ghiacciassimo che graffia, ma l’etichetta non si deve scomporre, neanche davanti all’arrogante richiesta del cliente che vuole un Mascarello Cà d’Morissio 2010 a -7°C. Niente. L’etichetta se lo mangia quel ghiaccio. E il vino dentro deve stare lì indifferente e con quell’aria di superiorità e impassibilità tipica del nebbiolo ben fatto.

Facile da capire: abbastanza funky da far contenti enofighetti con il papillon di legno e abbastanza austero, complesso e argomentoso da far strippare i lettori di questo blog. Un vino che deve accontentare tutti, indipendentemente dall’elenco di caratteristiche citate sopra.

Il vino che farei.

Da produttore vorrei un vino buono sempre. Buono a tutte le età, a tutte le fasi di conoscenza del vino, a tutte le latitudini e deve piacermi oggi e tra 50 anni in maniera gargantuesca.

Proviene da una zona emergente dove la terra costa il giusto, la denominazione ha la sua nicchia di clienti preparati e curiosi e a pochi chilometri c’è un immenso bacino di turisti assetati del mio vino local portatore sano di mille tradizioni e dotato di resiliente nonché irremovibile ostinazione stilistica focalizzata su terroir ed eleganza® (questa frase è mia e non vorrei vederla sul sito web di qualche azienda).

Se la terra mi costa il giusto, l’enologo mi costa un occhio, non tanto per i suoi magheggi in cantina che tanto non servono perché il vino è già buono così, ma perché ha mille contatti con importatori, comunicatori, agenzie specializzate, giornalisti (food e lifestyle), ristoranti fighi, club fighi, influencer (just in case), guide nazionali e internazionali.

3 etichette: un vino base facile da indovinare alla cieca perché tipico, perché dentro c’è tutto un territorio che urla: sono io! Sono qui! Non puoi confondermi con nessun altro! Uno dei quei vini che accontenta tutti quando lo metti a tavola e che bevi volentieri sempre, anche quando sei da solo e ti scoli la bottiglia intera.

Poi vorrei un vino importante, costoso, poche bottiglie numerate, buono e austero, strutturato ma non troppo, che regala immense gioie, i collezionisti farebbero a gara per accaparrarsi questa rarità e la pagherebbero cara. Una bollicina metodo classico, perché forse non finirebbe mai in commercio in quanto me la berrei tutta io da quanto è buona.

Sarebbe il vino di cui tutti parlano ed entrerebbe subito in una distribuzione capillare nazionale così con una fattura mi svuoto il magazzino di 2/3 della produzione annua e il mio l’ho fatto.

Sarebbe così buono e prodotto nelle giuste quantità per entrare anche nei mercati esteri nelle zone belle da visitare: New York, Los Angeles, San Francisco, Sidney, Tokyo (casualmente vicino a Napa e Sonoma, così vado a trovare gratis i miei vicini di catalogo).

Se il vino che vorrei sembra facile da realizzare, in realtà non l’ho ancora trovato. In fondo non cerco nulla di nuovo, anzi, sono tutti pensieri triti e ritriti, ma questo elenco di cose tutte insieme dietro un’unica bottiglia ancora non c’è. Tante aziende hanno il vino buono che vorrei, ma poi manca tutta la parte commerciale.

Mentre le aziende forti con vendita e comunicazione a volte stanno solo vendendo aria fritta. In fondo vorrei che il mondo della produzione, della distribuzione e della sommellerie comunicassero meglio tra di loro e che si spalleggiassero di più: ho sempre l’impressione che ognuna di queste categorie si senta sempre quella più importante e incontro spesso produttori che pensano di saperne di più del loro consulente per la comunicazione o dei sommelier con i loro clienti e viceversa. E questa cosa mi fa arrabbiare.

Esiste il vino che vorreste?

[Foto: GimmeWine]

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Clizia Zuin

Veneta di origine, toscana di adozione, cittadina del mondo nel cuore. Dopo la laurea in Lingue Orientali, scopre la complessità del mondo del vino e dopo tanti anni ancora non si annoia. Ha lo straordinario superpotere di trovarsi sempre nei paraggi mentre si sta stappando una bottiglia monumentale. Formazione mista AIS e WSET, con la convinzione che presto conquisterà il mondo; in attesa di diventare il Dottor Male, lavora come sommelier a Firenze.

16 Commenti

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Alberto Niceti

circa 3 mesi fa - Link

Non è che le categorie non si parlino o si sentano più importanti. Il fatto è che la categoria che acquista dal produttore vuole guadagnare quanto quest'ultimo non avendo però le spese che ha il produttore (cantina, vigneto, bottiglie, etichette, tappi e via dicendo), tutte spese anticipate magari 3-4 anni prima che il vino veda la luce sul mercato. Questo è il vero problema, non si immedesimano o forse lo fanno e se ne sbattono amabilmente...bah

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Clizia

circa 3 mesi fa - Link

Caro Alberto, il lavoro del vignaiolo è sicuramente difficile, soprattutto perché dipende dai capricci di madre Natura. Ma ti assicuro che anche il lavoro dl sommelier ha dei costi, la professionalità e conoscenza acquisita ha dei costi...

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Tommaso

circa 3 mesi fa - Link

Sciornaia 2022 è un primo abbozzo! :)

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Mattia Grazioli

circa 3 mesi fa - Link

Tu hai il dono della sintesi; io meno…

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Mattia Grazioli

circa 3 mesi fa - Link

Per fortuna il vino che vorrei fare, lo faccio già; solo che ha delle caratteristiche che lo rendono estemporaneo e poco modaiolo.

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AG

circa 3 mesi fa - Link

Mattia, per estemporaneo e poco modaiolo che intendi?

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Mattia Grazioli

circa 3 mesi fa - Link

Denso, materico, caldo… Non riesco a contenere l’alcol, allora lo assecondo.

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Lanegano

circa 3 mesi fa - Link

Ne esistono anche troppi, di vini che vorrei (sempre). Per una bizzarra casualità sono spesso carissimi, maledizione.....

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Vinogodi

circa 3 mesi fa - Link

...il vino che vorrei? Montrachet di Domaine Leflaive affinato in anfora , colfondo, in tetrabrik. Il vino che farei? ...Perche' dovrei farlo? Gia' esiste: Lambrusco Radice di Paltrinieri...

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Lanegano

circa 3 mesi fa - Link

Bevuto giusto ieri.....

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Lanegano

circa 3 mesi fa - Link

Il Paltrinieri, intendo....

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Paolo Benassi

circa 3 mesi fa - Link

Cara Clizia mi sei piaciuta tantissimo .. I desideri non costano, anzi ..il solo fatto di averne è già premiante, e tu non ti sei data limiti… hai seguito la tua capacità immaginifica ed è venuto fuori un mondo fatto di bellezza, in cui tutti si trovano d’accordo… bellissimo. Fra tutte le qualità che hai raccontato così carinamente, hai pure parlato di rigore stilistico: come nelle tue intenzioni, anch’io ho sempre cercato la chiave capace liberare lo spirito di un territorio; tanti anni fa una collega fece il più bel complimento a un vino su cui stavo lavorando, che per me valeva più delle valutazioni e i punteggi che si possono ottenere dalle varie guide… e mi disse:”Paolo, questo vino sa di te”… perchè, alla fine .. c’è modo e modo. Ancora complimenti e grazie Grazie

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domenico

circa 3 mesi fa - Link

Vino che vorrei: Friulano Riserva Zegla 2016 Renato Keber. Territorio che urla, Produttore rigorosamente in trattore. Buono oggi ma anche tra qualche anno. Se volete continuo..

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Ruben

circa 3 mesi fa - Link

Ti propongo la bollicina...quasi inesistente...quasi perché da trentanni al massimo 100 bott. per vendemmia, non in vendita e solo per gli amici, un chardonnay da un vigneto di 48 anni in un paesino a 800 mt slm.... Se diventerà il " vino che vorrei" non potrà esserlo perché inesistente.... Ruben

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Clizia

circa 3 mesi fa - Link

Che piacere risentirti caro Ruben, appena passo dalle tue parti, se ti va, lo assaggiamo insieme, per me sarebbbe un onore!

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Luca

circa 3 mesi fa - Link

La descrizione è di un PIWI, da territori noti e con stile croccante. Buon bianco, bella bolla, rosso da paura! Te lo faccio io... 😉

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