Hammer e Altotevere sono i vincitori di Birraio dell’Anno 2018
di Jacopo CossaterÈ Marco Valeriani di HAMMER il Birraio dell’Anno per il 2018, affiancato da Luca Tassinati di ALTOTEVERE nella categoria “Emergente”. Succedono rispettivamente a Josif Vezzoli di BIRRA ELVO e Giovanni Faenza di RITUAL LAB.
Il primo, al secondo successo (primo a bissare), è birrificio nato nel 2015 a Villa d’Adda, nel bergamasco. Di ispirazione angloamericana produce birre di gran carattere, sempre molto espressive sul luppolo e al tempo stesso di particolare equilibrio e beva. Ho assaggiato ieri a Firenze la “Killer Queen”, una Double IPA, e ho trovato esattamente questo: freschezza e corpo a coprire alla perfezione un tenore alcolico tutt’altro che contenuto. Il secondo, Altotevere, è birrificio che nasce nel 2016 a San Giustino, piccolo comune del’Umbria Settentrionale. Sono stato recentemente nella loro taproom e ho trovato birre solide, di particolare precisione e contemporaneità. Ottime sia la “Freezo”, un’American IPA, e la “Noir”, una Black IPA, che la “A-T Pils” e la “A-T Doppel”, a dimostrazione di una mano capace di gestire con sicurezza stili anche molto diversi tra loro.
Soprattutto: a Firenze ieri pomeriggio ho trovato come sempre un clima fantastico, l’evento organizzato da Fermento Birra si conferma anno dopo anno come quello di riferimento per toccare con mano quanto di meglio sta succedendo in Italia. Qualche numero: 3 i giorni di festival, 35 i birrifici presenti fra candidati e ospiti, 190 le birre a rotazione alla spina per un premio che è giunto quest’anno alla decima edizione e che nasce per premiare non la singola birra quanto “la bravura tecnica del birraio, la sua filosofia, la costanza qualitativa dei prodotti in un intero anno”.
Un’occasione straordinaria non solo per assaggiare birre particolarmente significative ma anche per scambiare qualche parola con i birrai. Per dire: le birre cosiddette “acide”, termine che raccoglie al suo interno tipologie anche molto diverse tra loro, si sono ritagliate uno spazio piccolo ma significativo, spesso anche nel prezzo. Questo però rimangono: un’eccezione. A dare un’occhiata al catalogo questa è forse l’edizione di Birraio dell’Anno con meno interpretazioni in tal senso. L’impressione è che dopo molti esperimenti, a volte più fortunati, altre meno, ci si sia concentrati sugli stili cui si è più affini. È finita una moda?
E ancora: il luppolo sembra più equilibrato che mai, tranne rare eccezioni è finito il periodo di quelle “esplosioni” aromatiche tanto potenti quanto faticose nella beva. Anche nel caso delle New England IPA ho trovato birre di grande equilibrio e, attenzione, eleganza. Buonissima per esempio la “Velvet Suit (Amarillo Edition)” di MC77. Più di un birraio, parlandone, ha poi espresso un certo interesse per stili storici oggi forse non così di moda. Penso per esempio alle Mild, stile a Firenze ben rappresentato dalla strepitosa “Christmas Morning” di HILLTOP.
Chissà, alla luce della vittoria per la seconda volta di HAMMER forse aveva ragione Luigi “Schigi” D’Amelio di EXTRAOMNES, già vincitore di Birraio dell’Anno per il 2013. Sua infatti l’idea di riprendere quanto fatto dalla 50 Best Restaurant nel recente aggiornamento del regolamento e dedicare ai precedenti vincitori una sorta di Hall of Fame rendendoli così non più votabili.
Ah, visto che Lorenzo “Kuaska” Dabove durante la premiazione ha detto dal palco che nessuno nel mondo vino si sarebbe mai sognato di commentare così come non rilanciare le primissime parole di Marco Valeriani, a caldo, appena nominato vincitore: “Te lo aspettavi? Col cazzo.” Aveva ragione?
1 Commento
Ale
circa 6 anni fa - LinkSono da sempre un estimatore delle birre di Marco Valeriani, sin da quando collaborava con Birrificio Menaresta. Il mondo della birra Artigianale in Italia sta crescendo, spero che venga valorizzato sempre più nell'ambito della cultura italiana
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