Viaggio sentimentale #1. Il Carso di Marko Fon
di Emanuele GiannoneAppuntamento davanti a una pieve. Ci risiamo, e per fortuna è passato solo qualche mese dall’ultima volta. L’arrivo in motocicletta è il quid novi, quello che da Marko Fon non ti aspetti. «Qui comincia il mio Carso», dice mostrandoci la nuova vigna di Brestovica, città e toponimo di un vallone, antico letto del Timavo. Qui finisce il Carso isontino, diverso dagli altri perché più caldo e scarno. «Qui è cuore, là gambe», dice Marko. La vigna è del 1947, inerbita solo in annate piovose; per quelle secche Marko mutua un rimedio classico dalle locali colture orticole: un tappeto di fieno a coprire il terreno e conservargli l’equilibrio igroscopico.
Il sistema di allevamento è una bella pergola sui generis – d’altro canto, assistendo le sue piante una ad una, quest’uomo si cura poco del quadro d’insieme e non è scosso dalla compresenza di pergola e guyot, lyra e la tradizionale planta. «I cavi d’acciaio che tengono su i rami sono vecchi cavi per taglio della pietra, materiale che arriva in zona con la guerra.». Alla guerra che la terra sconquassa, lui distoglie e riconverte i materiali in servizio alla terra. È un magnifico, pacifico pagano. E ancora: «Il Carso è una terra di opposti», giudizio altrettanto suggestivo, certo più appropriato del bello e noto terra di calcari e di ginepri.
Il Carso non è uno, è molteplice e qui è molto più bosco che nudo calcare. E questa non è la bora del luogo comune: «Opposta è anche bora: c’è bora utile e bora dannosa. Utile in primavera perché scaccia peronospora, in autunno perché combatte botrytis, in stagioni di pioggia è utile se porta pioggia.». Ma quando è della specie infausta amplifica gli effetti delle intemperie. Infine, la luce: «C’è luce buona e luce non buona. Serve conservare il giusto di ombra per salvare acidità.».
Da Brestovica si passa a salutare la Quattro Stati, vigna piantata sotto gli Asburgo, cresciuta in Italia, fattasi vecchia in Jugoslavia e centenaria in Slovenia. Interfilare chilometrico – un tempo era una linea di alberi da frutto – e piante di forza e bellezza indescrivibili. Alla fine si arriva a casa Fon, quindi siamo all’inizio.
Chardonnay 2010. Da una vigna di Volčji Grad contesa e vinta ai ginepri. Vino che presenta un evidente difetto: se ne producono solamente due damigiane. Naso che impressiona: prima è denso di fiori passi, cola, resina, cappero, poi cambia rapporto e slancio: frutta di mezzo mondo con camemoro, loto, papaya, pesca gialla, melone di Cantalupo e scorza d’arancia candita, fiori freschi (ginestra), timo e sale. Sale in fondo di là, in principio di qua: sorso veramente più che sapido ed è proprio la mineralità salina a regolare la progressione – l’acidità qui carezza, non picchia – e sostenere l’effusione calorica fino al suo apice e poi in persistenza, quando si gustano meglio la caramella all’arancia, la pesca, il melone, la salvia, la crema pasticcera e un’idea di zafferano.
Vitovska 2011. Oltre che nelle citate località di Brestovica e Volčji Grad, Marko ha parcelle a Gorjansko, Brje pri Komnu, Pliskovica e Veliki Dol, quest’ultima piantata a vitovska. La 2011 apre in sordina per riduzione e appiattimento sulle note vegetali (acqua di vegetazione, cappero). L’acclimatazione richiede un quarto d’ora e restituisce un variegato ventaglio d’erbe (menta, maggiorana), note balsamiche di pino, ginepro, e fieno greco, fiori amari (elleboro bianco, anemone, margherita), rucola e calcare a far da sfondo. In bocca è dritta, ficcante, poi cambia incedere e si scioglie in miele e caramella d’orzo, frutta gialla, anguria, con erbe e sale sullo sfondo. Struttura più robusta e progressione più lenta che nella 2010: secondo Marko, «per essere una Vitovska è carica, grassa.».
Malvasia Riserva 2011. Annata caratterizzata per la Malvasia dall’autunno caldo. Olfatto espanso, di intensità che evolve in pressione, stratificato e cangiante. Erbe aromatiche e miele in grande varietà, zagara, mela golden, gesso, pietra calda, cedro candito. Unità sublimata in tensione. Lo sviluppo gustativo è ancora una volta sorprendente: l’apertura è scarnita attorno a una trama sottile e salata, che tale resterà in progressione. È il ricco ornamento a far presenza e differenza, retto dal sale, dalla sua deliquescenza. I dettagli sono ora caldi, ora decisamente aerei e tutti di grande persistenza. La componente aromatica è organica, non deborda. Limpida coda di calcare a chiudere.
Malvasia Vigna Quattro Stati 2009. Naso all’insegna di profondità ed energia, composito e mobile, fauve: albicocca, marmellata di gelso, arancia candita, kumquat, lardo e zenzero, poi fiori ed erbe aromatiche. Più sotto creta, henné, acquavite di pera, bergamotto. Bocca sbalorditiva per effetto volumetrico e presenza, quest’ultima accentuata da sensazioni tattili leggere e infiltranti, e per la simultanea nonchalance della progressione, lenta e radiante. Acidità calibrata, senza acuti ma svolta in grande e liquida freschezza, vettore dello sviluppo gustativo – mentre l’alcol ne è il diffusore. Persistenza di minuti su note di agrumi e frutta bianca maturi, anguria (anzi, gelo di mellone, perdonatemi la madeleine), crema al limone, acqua salata, mandorla, lokum.
Tra tutti i vini di Marko Fon questo è forse il più fedele nel rappresentare una sua convinzione: ogni vigna dona, in potenza, non sempre in atto, uve differenti. La vinificazione, più che controllo, deve essere «…osmosi, simbiosi… » tra le uve e chi le coltiva. Chi interviene, interdice. Più l’intervento è ingente, più si mette in assetto il vino verso una direzione desiderata, più questa divergerà dall’espressione identitaria e – la parola nefanda è di Marko – naturale.
Terrano 2008. Vigna a Pliskovica, piantata 44 anni fa. Naso scuro e spesso. Sanguinaccio, corteccia, ghisa, mora (rovo), ginepro. Bocca, invece, fendente per l’acidità di frutto e i riflessi metallici, freschissima, nervosa: aronia, acerola, mirtillo e ferro. Sviluppo inflessibilmente verticale, svaria nel finale su fumo, corteccia, spezie nere e ginepro. Un vino-acumine.
Terrano 2011. La versione-Fon corregge la vulgata del Terrano: quello migliore, secondo lui, è a Duttogliano, la posizione è elevata e c’è terra rossa quanto basta per non doverla portar su. Qui l’acidità è naturale e non serve ricercarla, come secondo Marko spesso si fa, anticipando la vendemmia. Venendo al dunque, il suo vino previene i giudizi di conformità e piace senza bisogno di paragoni. Sa, innanzitutto, di uva. Ha più sostanza, è più completo di molto altro Terrano perché ricorda la polpa del frutto prima ancora della sua frazione acida. Il naso reca le tracce della malolattica da ultimare. Il sorso parla di concentrazione, profondità, maturità – a tratti dolcezza – di frutti rossi. Una vera bellezza le note di susina, mora, prugna e amarena. Peccato che il concetto di vino-frutto sia stato speso in un’orgia di piacere, pardon, piacevolezza. Se non fosse così compromesso gli starebbe bene, anche perché Marko concorda sulla bontà del frutto originario in quest’annata.
Le prossime puntate: Štekar, Tavčar, Borgo San Daniele, Vignai da Duline, Batič.
8 Commenti
Gasperuccia
circa 11 anni fa - LinkBottiglie per me troppo complicate ed introvabili, ergo mi accingo a stappare il vino che meglio mi rappresenta, ovvero una fragrante e verace Passerina del Frusinate, prosit!
RispondiEmanuele
circa 11 anni fa - LinkPoco reperibili soprattutto perché prodotte in quantità limitatissima. PS - ammiro il coraggio e l'ironia nella scelta del vino-bandiera. I lettori più maliziosi non la dimenticheranno facilmente. E ci avverta se si faranno troppo insistenti: sarà nostra cura inviarle una Malvasia riparatoria.
RispondiJacopo Cossater
circa 11 anni fa - LinkBellissimo post Emanuele, una fotografia di rara puntualità su quello che succede a Komen. Non vedo l'ora di tornare (manca pochissimo).
RispondiNelle Nuvole
circa 11 anni fa - Link"Osmosi...simbiosi" anche fra chi il vino lo fa e chi lo racconta. Il Carso ti fa un gran bene, Emanuele, e anche a noi. Continua...
RispondiBorgogna Mon Amour
circa 11 anni fa - LinkPer fortuna vivo a relativamente pochi km dal soggetto in questione. Le visite in cantina sono praticamente a portata di mano, come i suoi vini (MALVAZIJA RISERVA 2011 è disponibile, per chi la desidera). Gran personaggio
RispondiEmanuele
circa 11 anni fa - LinkVicinato fortunato. C'è Marko, ce ne sono tanti altri che visiterei volentieri più spesso...
RispondiSandro Poletti
circa 6 anni fa - LinkBig Emanuele, descrizione dell'azienda Di Marko e Dei suoi Vini a dir poco explosive radiante, mi accingo oggi a provare la Malvasja riserva 2011 e poi lascero' il Mio commento. Felice Di averti letto. Come posso ricevere altre recensioni Di Vini bio o meglio Naturali, visto Che da poco bevo solo quelli? Iscrivendomi qua' Sotto?
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