Alla Capanna di Eraclio mi sono esaltato tantissimo

Alla Capanna di Eraclio mi sono esaltato tantissimo

di Marco Colabraro

Sono nato nella provincia nord-ovest di Milano, e, tocca ammetterlo, dopo aver girato e abitato qui e là per l’Italia e l’Europa, puoi togliere un uomo dalla provincia ma non la provincia dall’uomo.

Ecco perché ho una predilezione sfrenata per i luoghi appartati, lontano dal traffico e poveri di grattacieli e fabbriche. Questo, con le opportune eccezioni, vale anche per i ristoranti: no barocchismo, ori, moine e show ma sostanza e verità.

Esiste un ristorante lontano da tutto, in terra di bonifica, in depressione, ovvero 6 metri sotto il livello del Mare Adriatico, proprio accanto al delta del Po. Si chiama La capanna di Eraclio e per raggiungerlo la sera tocca armare gli abbaglianti e sperare che non piova perché la strada è ostica.

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Prenotazione
«Buongiorno, sa, non ho trovato un sito internet né un riferimento chiaro, volevo sapere se fate un menù degustazione…».
Nessun menù degustazione, si ordina alla carta. Ci sono i piatti storici: pesce, cacciagione da piuma e qualche fuori carta, dipende dalla stagione. Nessun form da compilare, nessuna attesa spropositata, nessuna domanda su intolleranze o allergie, ci mancherebbe venisse chiesto un numero di carta di credito, nessuna minaccia di addebito e count down per un possibile annullamento. Tutto al telefono, tra voci umane: nome, cognome, ora di arrivo e recapito. «Buona giornata e a presto».

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Il luogo
Lo diresti mai che è un locale stellato? L’insegna su una casona bianca con le persiane verde salvia recita “La Capanna, osteria con cucina”: dentro luci calde, fuori una terrazza che in primavera accoglierà gli ospiti. La chef Maria Grazia Soncini, che intravedo dietro a una finestra prima di entrare, sembra essere nella cucina di casa, suo fratello Pierluigi si muove con la naturalezza dei buoni ospiti e mi accompagna alla tavola. Tovaglia stirata bianca, quadri alle pareti che raffigurano gli avi della famiglia e scene quotidiane della vita sul delta del Po. Sulla tavola fiori freschi recisi che, devo dirlo, mi hanno emozionato e trasmesso il senso degli affetti cari, delle domeniche di ritorno dal mercato, perché vanno bene i discorsi e la coscienza ambientale ma la bellezza passa anche da questi particolari.

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La carta vini
“Ora incomincian le dolenti note a farmisi sentire…”, direbbe Dante. All’arrivo viene proposto un “calice di Franciacorta” che rifiuto con educazione; questo mi accade praticamente in tutti i ristoranti stellati ed è un momento che aspetto senza ansie e con la risposta prefabbricata. Mi viene portato prima il menù del cibo, chiedo immediatamente la carta vini, se c’è una cosa che mal sopporto è incominciare a mangiare senza il calice pieno. La carta è scritta a biro su un quaderno verde, se ricordo bene in rosso la regione e in verde la cantina o viceversa. La scelta non è molto ampia, anzi, per nulla ampia. Con sorpresa noto che almeno la metà dei vini presenti in carta è cancellata a matita. Molti Champagne e per fortuna una buona selezione di cantine friulane. Bella sfida, opto per una Malvasia 2020 di Skerk (52 euro), il ricarico è davvero corretto (e, dopo lo spavento iniziale, sono pronto a scegliere il cibo). Nota di merito: il vino è servito a temperatura perfetta, mi viene messo un secchiello accanto al tavolo così che io possa gestirmela a piacere, nessuna cerimonia in più: questo mi piace!

La sala
Pierluigi Soncini e Maurizio in sala sono un bell’orologio che scandisce tempi e sa quando intervenire. La posa è quella del padrone di casa felice di accoglierti, mai impettito, mai sull’attenti. La postura è sicura e plastica, fatta di molto mestiere, ma calorosa e affabile. Sono certo nessuno mi accompagnerà al bagno e nessun mi propinerà lunghissime spiegazioni ripetendo più volte “lo chef (aggiungere cognome dello chef)” cercando di convincermi dalla bontà e rarità dei prodotti unite alla difficoltà delle lavorazioni. «Finalmente dopo due anni possiamo pescare le schille, questi gamberetti di laguna serviti con polentina bianca; prima faceva troppo caldo, questo è il tempo giusto!», mi dice Pierluigi, e aggiunge: «Assaggiale al naturale, ma io un po’ di pepe ce lo metterei.» Il pepe a cui si riferisce è un mix dove troneggia il pepe bianco, da macinare a piacere.

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Il cibo
Dopo l’assaggio di schille (o schie) e alghe fritte su polentina bianca compreso nel prezzo del coperto (fritto manco a dirlo fine e leggerissimo), ordino Sapori di una passeggiata nel Delta del Po che è un trittico fatto da una croccante e gustosa moeca (un granchietto dal carapace morbido) fritta, piccolissimi gamberetti di laguna sgusciati dal sapore concentrato ed elegante, infine la bosega (filetti di cefalo cotti sulla brace), poi un piatto a vapore fatto da canocchie (quattro, tutte con le loro uova), mazzancolle e seppioline con patate e fagiolini di consistenza ed eleganza rara, il tutto accompagnato da una maionese che mi fa esclamare WOW (mescolata e non montata, 50% uovo, 50% olio di semi di girasole, alla fine una spruzzata di limone); a seguire maltagliati fatti ad arte con vongole veraci (tante e gustosissime) e verze. Per concludere, un germano con cipolla al vino rosso, dalla carne compatta che conquista boccone dopo boccone fino al godimento assoluto del raschiamento dalle ossa (mangiando rinvengo in bocca il pallino della caccia, ricordo di nonno e dei fagiani mangiati da bambino). Per concludere il “cicchetto”, anche questo compreso nel coperto, una panna cotta con salsa di fragole in bicchiere. Materia prima di assoluto valore, cotture perfette, condimenti eleganti: gusto e materia serviti su quella polentina bianca che durante il pasto è diventata la mia migliore amica, infatti, seppur onnipresente, non stanca.

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In questo luogo che mischia la tradizione con l’estetica di Luigi Ghirri e tocchi di surrealismo si sta bene a un prezzo più che corretto (antipasti a 30 euro di media, primi 25, secondi 35/55). La stella Michelin che ti sorprende è per una sosta di una semplicità elegante, un’esperienza che affascina per verità e concretezza, così come la sua maionese, vero e proprio riassunto della filosofia della Capanna. Proverò a farla a casa, chissà se il risultato ci si avvicinerà almeno un po’.

Intanto ho già segnato i piatti da ordinare la prossima volta: ostriche Tarbouriech (la perla rossa del Delta), piatto di crudo, grancevola alla veneziana e maionese, granchio blu, spaghettini con seppie di nassa e il loro inchiostro, l’anguilla “arost in umad”, la pernice con ripieno di spugnole e foie gras… Insomma, tutto il menù mi esalta ed è per questo che non vedo l’ora di tornare.

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Marco Colabraro

Nato a Milano, sangue misto polenta e peperoncino. Di ritorno da un viaggio in Eritrea si iscrive all’Accademia d’Arte Drammatica e fa l’attore per un po’, poi fugge nella Parigi dei bistrot, a Roma corregge romanzi in qualche casa editrice e cambia lavoro ogni tre mesi circa. Torna a Milano, beve per amore dell'ebrezza e della conoscenza, il suo piatto preferito è la pastasciutta al pomodoro.

13 Commenti

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Lorenzo

circa 6 mesi fa - Link

Premetto di non conoscere il ristorante in oggetto, ma voglio comunque fare un mio contributo alla discussione. A me il ristorante tradizionale e della tradizione piace, ne apprezzo anche gli arredi un po' demodé e magari polverosi, i bicchieri old style e tutto quello che riporta a degli anni che anagraficamente non ho avuto modo di vivere. Ne so apprezzare anche quei piatti contadini, dai sapori forti, spesso grassi e poco moderni. Ciò che può lasciare interdetti è che un ristorante come quello recensito abbia una Stella Michelin che solitamente viene assegnata a locali con standard generali un po' più alti, gli impiattamenti fotografati e la panna cotta alle fragole non sono molto comuni fra gli stellati. Anche la carta dei vini scritta a penna riporta più all'osteria di paese che ad uno stellato "base", figuriamoci il trovare un pallino di piombo in un piatto. Sono andato a cercare il ristorante su TripAdvisor e ci sono due categorie di recensioni: quelle a 5 stelle dove si denota un generale apprezzamento di una cucina territoriale con ingredienti che puoi trovare in pochi altri posti mentre l'altra categoria di recensioni criticava aspramente il livello del ristorante, gli arredi, la presentazione dei piatti. I primi si aspettavano un tipico ristorante tradizionale mentre i secondi un ristorante stellato. Ed il bello è che probabilmente entrambi hanno ragione. Ed il tutto si può riassumere con "la vicenda del pallino di piombo nel germano" che l'autore definisce addirittura come piacevole in quanto evoca dei ricordi d'infanzia mentre per altri potrebbe essere un motivo per rimandare il piatto indietro. Questione di punti di vista...

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Marco Colabraro

circa 6 mesi fa - Link

Esatto Lorenzo, concordo con te.

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Stefano Cinelli Colombini

circa 6 mesi fa - Link

Molto raramente ho letto una descrizione di ristorante che mi ha messo così tanta voglia di andarci. Mangio con piacere negli stellati e amo anche quel tipo di cucina, ma mi meraviglia di scoprirne uno così marcatamente "territoriale". Complimenti alla Capanna, e a chi ha scritto.

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franco

circa 6 mesi fa - Link

mi ammazzerei a forza di moeche

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Nuovo corso Friulano

circa 6 mesi fa - Link

Personalmente non apprezzo la nuova meritocrazia Michelin ( che reputo ancora comunque la guida di riferimento), premia una nuova gastronomia più associabile ad una alta qualità di pasticceria salata, rispetto agli antichi canoni di cucina "cucinata". Le nuove "stelle" sono tutte troppo uguali. Sono vecchio lo so. Ho bisogno di emozioni, non di blande esecuzioni di tecnica finì a se stesse. Tutto troppo preciso, tutto troppo chirurgico, manca nella maggior parte dei casi la scossa elettrica che crea l'emozione.

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Marco Colabraro

circa 6 mesi fa - Link

Vero, sì, i criteri Michelin sono inconoscibili. Un discorso (o forse un approfondimento) che mi piacerebbe fare sarebbe quello che riguarda le carte vini degli stellati che spesso si rivelano più che deludenti e con ricarichi esagerati. Ma questa è un'altra storia.

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Nuovo corso Friulano

circa 6 mesi fa - Link

Sui ricarichi dei vini ,in quanto ristoratore devo fare una premessa, se si vuole una carta vini ampia,non avendo uno storico decennale alle spalle, purtroppo con l'esigenza di " fare" magazzino, i ricarichi devono essere più alti( riconosco che in alcuni casi più che alti sono insensati). Io per avere una proposta " moderatamente" ampia di prodotti di nicchia, non applicando ricarichi draconiani, aihme' tengo già in conto che non potrò mai avere profondità di annate in futuro perché non posso permettermi ordini su alte scale( in termini di quantità). Scusate lo sfogo ma in questo momento fare quadrare i conti e vendere quello che ci piace non è semplice. Io ci provo.

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Marco Colabraro

circa 6 mesi fa - Link

Ah certo, concordo con te. Non è semplice per un ristoratore far quadrare il tutto e soprattutto vendere quello che piace. Come scrivi giustamente, c'è differenza tra un ricarico "alto" (e qui bisogna capire cosa si intende per alto) e un ricarico insensato. Detto questo, bellissimo che ci si provi e quando ci si prova un po' ci si riesce sempre.

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Vinologista

circa 6 mesi fa - Link

Carte vini MOLTO spesso deludenti, assolutamente troppo "classiche" senza alcun tipo di "profondità" nella scelta e nella varietà di prodotti . Sui ricarichi non mi esprimo perchè sarei bannato!!! 😁😉😜

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Marco Colabraro

circa 6 mesi fa - Link

Vero vero vero, sottolinea due volte la tua espressione "troppo classiche", per non dire trite e ritrite, molte più o meno simili. Il discorso è ampio ma è vero che spesso c'è molta meno ricerca rispetto alla proposta gastronomica.

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marcow

circa 6 mesi fa - Link

Come si fa ad esprimere un'opinione su un ristorante ... se non ci sei stato? E non hai "assaggiato" i piatti del ristorante? Quante volte ho letto questo ritornello in dibattiti in cui qualcuno si alzava per dire qualcosa dopo la recensione di uno stellato. Mi sembra che Lorenzo dimostri il contrario. Certamente il non aver assaggiato impone dei limiti ma si possono formulare delle opinioni ragionate, argomentate ... su quello che si legge in una recensione e ... integrandolo con quello che, velocemente, il web fa trovare con un motore di ricerca(e che è notevole) A me sembrano interessanti le considerazioni di Lorenzo che integro con le opinioni di Nuovo corso Friulano sui ... "criteri" ... usati dalla "mitica" guida nell'assegnare le stelle. Penso che anche la Michelin, come tutte le guide, abbia subito le conseguenze dell'avvento del web anche se sta resistendo meglio rispetto al ridimensionamento che ha colpito tutto il mondo dell'editoria tradizionale. Robert Parker ha capito, prima di tutti, che, con l'avvento del Web, era finita un'epoca, in cui era stato protagonista, e... centrò l'ultimo colpo ... vendendosi, pochi anni fa, proprio alla Michelin. Che spera di ripetere il suo passato glorioso con i vini. Soltanto che adesso c'è il Web.

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glenn gould

circa 6 mesi fa - Link

Conosco il luogo e sottoscrivo tutto. luogo MAGICO. Domanda:PERCHE rifiuti aperitivo Franciacorta. Cosi curiosita mia.

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Marco Colabraro

circa 6 mesi fa - Link

Davvero magico, sì, concordo! In generale quando mi siedo al ristorante preferisco ordinare una bottiglia scelta dalla carta, l'aperitivo, quando capita, lo faccio altrove; questo perché, non sempre ma molto spesso, quello proposto al calice dal sommelier non rientra tra i miei gusti. È una scelta puramente personale.

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