Una recensione alcolica a La grande bellezza
di Fiorenzo SartoreHo smesso di contare le volte che ho visto La grande bellezza. Dopo una prima visione, mi sono procurato la copia e l’ho visto e rivisto. Tutto assieme, poi a pezzi, cercando le parti che mi attiravano di più. Il gusto ansiogeno della ripetizione era dovuto, dapprima, alla necessità di capire se mi era piaciuto davvero. Perché dopo la prima volta, per la verità, il film mi aveva colpito profondissimamente, e mi aveva pure lasciato mezzo stordito: da qualche parte mi era chiaro d’aver visto un film notevole, forse per me fondamentale, ma faticavo a connettere i puntini che mi chiarissero il perché. Il mio sentimento poi si infrangeva spesso sulle recensioni stroncanti che facevano alcuni miei amici. Quindi ho letto le recensioni in giro, perché mi spiegassero se questo film surreale e sospeso fosse davvero quell’opera perfetta e poetica che mi pareva. Alla fine, come si vede, ha prevalso il giudizio positivo (encomiastico, direi). Più lo vedevo (lo vedo), più mi si infilava nella memoria e nella fantasia.
Queste ripetute visioni hanno finito per consentirmi almeno una lettura trasversale, e dato il mio mestiere e la mia inclinazione, era inevitabile che finissi per concentrarmi sul fatto che l’alcol e il vino siano protagonisti, sullo sfondo, in gran parte del film. Il mondo di viveur festaioli, che il regista Paolo Sorrentino descrive con tocco decadente, con rimprovero ma anche con rassegnato distacco, mostra continuamente figure con un bicchiere in mano. Gli alcolici sono usati e volentieri abusati, rappresentando con questo secondo utilizzo un mezzo ulteriore di stordimento e fuga. Lo scenario è appunto quello delle feste cafonal. S’è parlato allo sfinimento della rubrica di Dagospia come fonte di ispirazione, ed in effetti questo tipo di riti orgiastici sembrano estratti dalle gallerie del sito di D’Agostino. Estratti, ma riletti, tengo a dire.
Già ai tempi de “Il divo” Paolo Sorrentino mostrava qualche tipo di perfidia nel ritrarre le feste del bel mondo romano. Memorabile, durante una di queste a casa Cirino Pomicino, la scena del cameriere che si avvicina (ignaro?) a Livia, la moglie di Giulio Andreotti. Le offre un cocktail dal nome grottesco (Trasgressione) e questa trasale: “Cosa vuol dire”.
Ne La grande bellezza gli alcolici sono serviti da aziende di catering, non sono ovviamente oggetto di un consumo attento ma sono, semplicemente, parte della festa. Chi guarda il film con lo spirito dell’enofilo potrebbe essere colto dallo stesso mio sottile, divertito spaesamento nel vedere le bevande alcoliche sempre in mezzo e nello stesso tempo, in realtà, sullo sfondo. L’attore di successo che flirta con la (sedicente) regista-attrice, insopportabile, ha davanti il classico tavolo da servizio di catering che chiunque, tra noi, soppesa con un’occhiata veloce.
In definitiva il punto di accesso alla bevanda alcolica è il caterer, una figura che appare estranea a quel mondo tranne per il fatto di essere un fornitore. Ritornano le memorie cafonal da assalto al banchetto delle vivande: durante una festa all’aperto una matrona (presumibilmente colei che ospita) annuncia che è pronto “il tris di primi”. La folla minacciosa accorre al banchetto, e l’aspetto elegante della torma rende ancora più grottesco questo assalto ai forni. Un cameriere sussurra sarcastico al collega: “Aiuto…”
Jep Gambardella, il protagonista, ha, anche lui, un rapporto con l’alcol fatto di eccessi. Per me è memorabile la descrizione che fa del suo modo di bere: beve molto, ma sa fermarsi “prima di diventare molesto”.
L’alcol, quindi, è uno strano non-protagonista. E’ sfondo ma è all’improvviso centrale. Parlando di un amico, descrivendone le qualità, Jep dirà che gli ha insegnato molto: a lui deve per esempio la consapevolezza che bere vodka “è volgare”.
In un’altra scena l’alcol è evocato almeno due volte: prima con Antonello Venditti che, in un breve cameo, interpreta se stesso. La macchina da presa stringe il campo su Venditti intento a scrutare un menù, al ristorante. Strano ristorante, sontuoso, nel quale puoi serenamente tenere la sigaretta accesa. Nel secchiello e nel bicchiere vino bianco. Immagino grandi cose, su quel menù (o è una carta dei vini, boh). Venditti solleva un attimo lo sguardo, e saluta.
Nello stesso ristorante una coppia di religiosi, un prelato e una suora (una coppia clandestina?) attira l’attenzione ordinando il vino. E lui, con un sottile accento straniero, voce autorevole e gentile allo stesso tempo, ordina Champagne, per l’occasione. Cristal.
Durante la festa nella quale Jep ha promesso di bere molti drink, ma di non diventare molesto, ritrovo il protagonista che barcolla, provato, con un distillato in mano. Mi piace pensare che sia l’alcol a ispirargli uno dei passaggi più brucianti. Assistendo ai festaioli intenti a fare il trenino, dice: “Sono belli i nostri trenini, i più belli di tutta Roma. Sono belli, perché non vanno da nessuna parte”.
Con questo excursus spero di avervi fatto venire voglia di vedere il film. O rivederlo, se tra voi ci sono censori impietosi. La grande bellezza non è privo di difetti, ha almeno un paio di passaggi discutibili, ha una certa lentezza iniziale. Tuttavia la visione ripetuta potrebbe farvelo amare. Con me è andata così.
Tra i difetti, infine, segnalo questo spezzone purtroppo tagliato, nella versione cinematografica. Se non altro, perché spiega come mai “La grande bellezza” si intitola così.
[Questo post è anche ispirato, in parte, da quanto ha scritto Massimo Mantellini, qui e qui].
16 Commenti
Antonio
circa 11 anni fa - LinkLa bellezza è vedere qualcosa che non si era mai visto! Un semaforo da bambini, Invece rivedere sempre le stesse cose inrisolvibili è la Grande Bruttezza.L'Italia è Bellissima e ricca di cose rare,ma nessuno controlla che i cani,non ci urinino sopra.
RispondiSir Panzy
circa 11 anni fa - LinkNon ho ancora letto il post perchè non ho ancora visto il film ed ho in programma di guardarlo a breve.. La domanda è: Fiorenzo, se leggo il post mi "gioco" il film?? Attendo tue. Cordialità :)
RispondiFiorenzo Sartore
circa 11 anni fa - Linkno, direi di no, lo spoiler nel post e' contenuto. spoilera un 5/100 per dirla parkerianamente. e per la verita' e' un film scarsamente spoilerabile.
RispondiNelle Nuvole
circa 11 anni fa - LinkIl film l'ho visto, da nativa romana non potevo esimermi. Mi è piaciuto? Ni. E' vero, ho ritrovato la falsità di un mondo che a suo tempo ho conosciuto bene. Ma lo stile ad essere falsamente bello, la sceneggiatura povera e anche la recitazione molto presuntuosa. A parte Sabrina Ferilli che fornisce la sua migliore prova attoriale (!). Nell'insieme mi ha fatto venire voglia di andare a funghi per ritrovare la concretezza e la verità. C'è stato un tempo così a Roma, forse c'è ancora, però il regista nel cercare di rappresentarlo s'ingarbuglia nella contemplazione del suo talento e Toni Servillo è da prendere a ceffoni per come spreca la sua faccia facciosa.
RispondiLighthouse I.
circa 11 anni fa - LinkPer una volta sono in disaccordo con NN, con la quale mi sono peraltro già ampiamente scambiato valutazioni sul film in questione nella ciàt di faccialibro. Con i limiti critici di una scomposizione in trance di un'opera unitaria, direi che il vero punto debole è nei "diacoli" (preteziosi, deboli, enfatici), ma tale difetto viene ampiamente compensato da una sorprendente forza evocativa della fotografia. Film notevole.
RispondiLuca Miraglia
circa 11 anni fa - LinkNon discuto le qualità attoriali di Servillo e quelle autoriali di Sorrentino, ma pensare che il Golden Globe sia stato vinto da un film (peraltro anche candidato ufficialmente all'Oscar!) che mette in evidenza le peggiori caratteristiche "razziali" degli italiani, riproducendo scene, situazioni e personaggi ormai piuttosto triti, francamente mi intristisce un bel pò.
RispondiSe Recensionando
circa 11 anni fa - LinkDavvero una bella rilettura alcolica del film. E grazie anche per il video finale, mi mancava.
RispondiGiuliano
circa 11 anni fa - LinkPer curiosita`, voi cosa abbinereste alla visione di questo film ? Escludendo il Martini, ovviamente.
RispondiErcolessiM
circa 11 anni fa - Link"Bellissima recensione, trovo tutto giustissimo, anche io ho dovuto rivederlo per capire altre chiavi di lettura. Se posso permettermi avete dimenticato o non preso in considerazione un altra frase che mi ha colpito tantissimo: La scoperta più consistente che ho fatto dopo aver compiuto 65 anni è che jon posso più perdere tempo a fare cose che non mi va difare... Io spero di arrivarci prima
RispondiGiovanna
circa 11 anni fa - LinkBellissima recensione per un bellissimo film, che, concordo, si apprezza di più ad una seconda visione, per splendida fotografia, un grande Servillo e ricchezza di temi: il tempo che passa, Roma, l'amore, l' amicizia, edonismo e spiritualità , musica sacra e profana, ecc. , ma...il tema alcolico mi era sfuggito...
RispondiGino Valerio
circa 11 anni fa - LinkPer chi vuole approfondire, sappiate che c'è sul web (si trova subito su google) l'intervista... alla giraffa che ha recitato nel film!
RispondiRoberto
circa 11 anni fa - LinkVeramente triste, lento, penoso. Ma i giurati dormivano quando hanno vosto gli altri film
RispondiGianfranco F.
circa 11 anni fa - Linkroberto, fammi un favore , vai a rivederlo quel film senza preconcetti e cercando di capire, vedrai che si rivelerà, poi mi ringrazierai
Rispondirosanna buono
circa 11 anni fa - Linksullo sfondo cera la grande bruttezza alcol,nudi ,decadenza per sottolineare il contrario ,quello che ci sfugge per l appunto la bellezza...
RispondiGianfranco F.
circa 11 anni fa - LinkCara Rosanna, se tu il film lo hai visto come nè scrivi, forse non vale la pena che tu lo riveda, come ho consigliato a Roberto, affettuosità.
RispondiGianfranco F.
circa 11 anni fa - LinkTutti a parlare della decadenza di Roma e del suo mondo,qualcono lamentandosi del fatto cheServillo con questo film mette in cattiva luce Roma e l'Italia. Possibile che nessun critico (casuale o professionista) sia stato in grado di vedere, oltre la romanità e l'italianità, che il film~capolavoro di Sorrentino sia la grande metafora del disfacimento dell'Occidente.?? Quante terrazze e quanti dandy come Gip ci sono a New York o a Parigi, quanta bellezza ignorata e calpestata che solo pochi riescono a leggere si puo trovare in ognuna delle città d'Europa o d'America, cariche di storia e di vicende millenarie?? La Grande Bellezza è semplicemente un' opera d'arte, e svela con semplicità una realtà che fino ad oggi non eravamo in grado di vedere o capire.
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